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venerdì 13 luglio 2012

Una sassata, due, in pieno viso. Non mi muovo, non scendono lacrime, sembro sull'attenti.
Non guardo in basso ma nemmeno la provenienza di quelle che sembrano cannonate.
Continuano imperterrite, scendono gocce ma è sangue. Voglio stare in piedi, in tutta la mia dignità.
Sono una donna, amo il mio essere, nessuno mi impedirà di stare in piedi, quasi impavida ad aspettare queste esplosioni. A tratti, chiudo gli occhi, mi sento mancare, ma resisto eroina tra miserie macilente. Emaciata da questa carneficina ferale. D'un tratto le armi di pietra sembrano essere scagliate con meno intensità. Dura poco è di nuovo un perpetrare del solito rito, della pura vergogna. 
Si ride, al di là del mio sguardo. Si fomenta quest'impietosa razzia. Scagliatemi pure addosso tutte le vostre paure, le vostre ansie, le vostre miserie. Fate della mia vita il vostro teatrino, infilate le mani dentro la marionetta. Abbassatela, alzatela. Rimarrà sempre in piedi, soprattutto nelle sventure. Nella più greve delle situazioni, colerà sangue, ma non lacrime. Esseri immondi, rimarrete attoniti nel cercare un punto debole, ce ne sono mille ma voi non lo saprete. In piedi, con tutta la mia dignità sorrido, beffarda. Non sento il dolore, le ferite si rimargineranno, le vostre anime screziate sono pronte alla falcidia. Voi non rimarrete in piedi come fanno i girasoli in piena estate, crollerete di fianco. Pesanti come la mia vittoria.
Era un lunedì qualsiasi, ricordo fosse inverno. Avevo fame ed era tardi, pensai di fermarmi in una pizzeria dopo il lavoro, per un boccone. Scelsi la più vicina o forse quella che mi era di strada, per non dover fare strada in più per tornare sulla via di casa. Entrai in quel locale semi buio, le luci erano accese solo dove c'erano sedute alcune persone ai tavoli. Andai verso un tavolino poco illuminato perché avevo scorto l'insegna della toilette.
Avevo bisogno di mangiare qualcosa di veloce e optai per una piadina e una birra piccola. Mi accorsi che non venne a prendere l'ordinazione un cameriere, ma l'uomo alla cassa. Non aveva né blocchetto, né penna. Mi si rivolse con un atteggiamento che dava da intendere che fosse il padrone della baracca. Melense, quasi irritante. Ma ordinai velocemente e senza tanti fronzoli. Non mi toglieva lo sguardo di dosso, mi accorsi che mi guardava la bocca, soprattutto. Mi arrivò la frugale cena in un batter d'occhio, me la portò un cameriere, una rosa rossa spiccava arrotolata dentro un tovagliolo di stoffa. Feci una smorfia educata alla volta del gestore che mi guardava con soddisfazione.



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