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domenica 30 settembre 2012

Te ne sei andato.


Il giorno che te ne sei andato ti ho scaraventato addosso tutta la mia rabbia, un sentimento covato da tempo ma sempre soppresso, accettato, inghiottito. Sapevo che c’era lei, l’altra, ma non avrei mai pensato che tu lasciassi i tuoi adorati figli. Non ti ha fermato nulla, nemmeno la mia presenza costante, il mio riversarti ancora amore, mentre tu chiamavi amore un’altra donna. E allora vai, segui la tua strada, io saprò arrangiarmi da sola, l’ho sempre fatto.
Lei aspetta un figlio da te, e tu non cerchi nemmeno di scusarti con i figli che hai già, che hanno capito tutto, lo sapevano prima ancora di me. Non ti aspettare poi calore da loro, non lo avrai. Non ti aspettare che ti chiamino, non lo faranno. Non ti aspettare rispetto, non lo avrai.  Ti ricorderai, forse, i loro occhi sbalorditi quando facevi loro le prediche su cosa è giusto e cosa non lo è. Solo adesso capisco quei visi sconvolti, visi di uomini, non di ragazzi che ascoltano il padre con attenzione. Tu li hai fatti diventare uomini senza lasciare loro il tempo di crescere gradatamente. Loro che mi consolano e mi promettono di non abbandonarmi mai, per me saranno sempre presenti, perché questo significa famiglia. Ti auguro di avere la forza di costruire una famiglia simile a quella che hai perso. Anche se so che sarà impossibile. Addio.




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Al tramonto del sole

Erano quasi tutte donne, erano scese in piazza per urlare forte contro chi non voleva ascoltare. Chiedevano, come sempre, di essere trattate da persone e non bestie da soma. Avevano tutto, striscioni, cartelloni, qualche fischietto e tanta, tanta voce. Molte non facevano parte del corteo, si erano aggiunte lungo la strada, mentre altre le deridevano dal marciapiede. Sorrisi e ghigni che veniva da chiedere loro da che angolazione vedessero il mondo. Facevano ridere i bambini, ignari del significato di quella lunga camminata, che tenevano alte le loro bandierine.  Camminarono per chilometri, lungo tutta la città. Si diedero appuntamento su un argine del fiume e al tramonto del sole si cominciarono a vedere dei falò che rischiaravano la notte. Molte di loro si sedettero a cantare, qualsiasi canzoni andava bene. Molte parlavano. Roberta, con voce mesta raccontò la sua storia, cominciando dalla prima volta che suo marito le mise le mani addosso e la fece finire all’ospedale.




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I lunedì della vita.


La domenica notte, notte che attende il lunedì, discepolo di tutti gli altri giorni, perché ha appreso molto dalla settimana che è finita e si appresta, dinoccolato, ad aprire quella che seguirà. Un’altra settimana, altri sette giorni di sforzi, attese, qualche volta imprecazioni. Di persone che si alzano presto, tutte con gli occhi assonnati. Di gente che ripete i medesimi movimenti, ogni lunedì da centinaia di questi giorni, tutti uguali. I lunedì, delle vite, non si contano. Giorni fatti di lavoro senza tregua, ma ad Elisa quel lunedì stava stretto, non voleva ripetersi e così fece. Chiamò al lavoro, adducendo una scusa e rimase in pigiama. Si aspettava di passare una giornata di tregua, ma la tregua non è dare tempo al corpo, non è fermarsi a soppesare tutto quello che c’è intorno, è fermare il tempo, cogliere al volo la disperazione e scagliarla via, assieme a tutti gli altri pensieri negativi. Ma forse per lei era troppo tardi. Forse, se fosse stato un lunedì come tutti gli altri non l’avrebbero trovata, adagiata nella vasca da bagno, con i polsi tagliati da una lametta o forse, sarebbe successo solo il lunedì successivo.




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venerdì 28 settembre 2012

Sì, si può.


Sì, si può. Basta avere coraggio. Si fa come quando cade il sale a tavola, se ne butta un pizzico dietro una spalla e un pizzico dietro l’altra. E non guardi dove va a finire. Si può dire basta a tutto ciò che ti tormenta. Si può dire basta all’angoscia pungente. Si può dire basta a quel bastardo che a momenti ti fa impazzire, e tu non puoi permetterti di impazzire per un uomo. Perché hai visto che il sole albeggia tutti i giorni, l’ha fatto per mesi sulle tue lacrime insonni. E la notte che ti guardava stupita, perché non eri più la stessa che acclamava il suo arrivo, ne sentiva fortemente il desiderio, e tu il silenzio, la magia. Si può dire basta perché onori ciò che vali, e vali tanto, solo adesso lo rammenti, adesso che hai detto basta. E ricominciando a sorridere fai i conti di quello che hai avuto, di quello che hai perso. E sorridi di nuovo pensando che fino a ieri eri pronta a tutto mentre oggi ti stupisci dei tuoi pensieri. Eri pronta a essere di nuovo vittima di un uomo che si mette in vetrina, acclama il suo onore e rispetto, quando non sa nemmeno cosa sia. Ma di personaggi così se ne trovano ad ogni angolo di strada. Sono quelli che venderebbero la loro madre per un pizzico di visibilità. E no, non fa per te. Tu le tue battaglie le hai sempre vinte pancia dentro e petto in fuori, senza che nessuno alle spalle ti suggerisse il da farsi o ti coniasse il destino. 



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giovedì 27 settembre 2012

Incontro al sole.

All'alba il mondo è diverso, disorientante. Per strada riconosci il tuo cammino di sempre, ma non lo affronti con nessuno. Qualche rumore di fondo, sembra un pigolio. Non hai fretta, il deserto rimbomba intorno a te. Sembra che voli sull'asfalto lucido, tranquilla. La mano allo stereo, un paio di cuffiette. Canti il tuo incedere perché devi percorrere molti chilometri. Ma non ti angustia. La strada è diritta e ti puoi permettere di pensare a questo viaggio. Sei uscita di casa senza che nessuno se ne accorgesse, dopo chiamerai. Dirai che te ne sei andata per sempre. Hai trovato il coraggio di evadere, di scappare dalla tua prigione che aveva le pareti troppo strette, ormai. Non hai portato nulla con te, solo la tua speranza e la voglia di arrivare. E chilometro dopo chilometro arrivi. Il mare, meravigliosa distesa d'acqua che dorme tranquilla, è ancora troppo presto per svegliarla. Sullo sfondo un meraviglioso paesaggio di case e alberi coloratissimi. Le finestre sono tutte chiuse, sonnecchiano. Ti siedi per terra, gambe incrociate e intoni un canto. Una vecchia canzone che sai a memoria, tutta. Non ti sfugge una nota, non stoni nemmeno. Aspetti con impazienza che il sole ti veda. Sei lì che lo aspetti. Ed eccolo, meraviglia delle meraviglie. Ha mille sfumature e sta guardando te, che ancora canti, ancora lo invochi. Hai fatto tutto, hai chiamato. Non ti spoglio, entri nella pacifica acqua che ti accoglie con un brivido. E cammino incontro al sole che ti fa fretta, tra un po' sarà troppo alto per abbracciarti.




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Anna

Anna lo diceva sempre. Anna, che alla fine del percorso non c’era niente. Anna, che non era valso correre, impaziente. Anna, a cui bastava una briciola, mediamente. Anna, un sorriso, impellente. Anna, che non aveva visto mezzo secolo, cosciente. Anna che ha avuto tutto e non ha tenuto nulla, chetamente. Anna che sei andata via per sempre, inclemente. Anna, i capelli biondi color del miele, blandamente. Anna, un amore per sempre, cocente. Anna, hai richiamato molta gente, impotente. Anna, tutti ti amavano consciamente. Anna, arrivavi tu e la vita era fervente. Anna, rosa bianca, fulgente. Anna, eri anche avvenente. Anna, il tuo motore cuciva, diligente. Anna, mia confidente. Anna pensavi a tutti, benevolmente. Anna, credevi nella vita, fermamente. Anna, il tuo cuore era capiente. Anna, ti ho amato follemente. Anna, il tempo è stato inclemente.





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