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giovedì 21 febbraio 2013

Non aveva un'ombra.

La donna seguiva l'uomo, un passo indietro, testa bassa a guardare la posizione delle scarpe, per poter camminare anche lei nello stesso modo, né troppo forte, né troppo piano. Lo seguiva da una vita, ormai, come si segue una speranza che speranza non è, ma solo un rituale di sottomissione. Lui non si girava mai, gli bastava sapere che lei era pronta all'obbedienza, sempre e comunque. A giorni i passi erano molti, altri meno, lei non sapeva mai cosa aspettarsi e nulla le veniva detto. Nella casa bastava un cenno e lei era pronta a inseguire la sua ombra che camminava davanti a lei, perché lei non aveva un'ombra, se l'era portata via questo uomo il giorno che l'aveva fatta entrare nella sua casa. Quel giorni i piedi le facevano male, qualcuno le aveva fatto trovare un paio di scarpe usate e lo sanno tutti che calzare scarpe di altri porta a camminare scomodi, ma non era il caso nemmeno di farli quei pensieri. Del resto cosa avrebbe potuto dire, avrebbe dovuto, invece, ringraziare sommessamente. Ecco, lui si è fermato, si ferma anche lei, sono vicini ad una casa sconosciuta. Lui bussa, una donna apre, entrano. Lui saluta rumorosamente e mentre fa per andarsene si gira e le dice che da oggi in poi la sua casa sarebbe stata quella, avrebbe dovuto comportarsi bene e seguire i consigli della signora. Lui non la poteva più tenere, aveva altre mogli più giovani. Lei non alzò gli occhi, non salutò, non pianse. Entrò nella sua nuova casa.

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mercoledì 20 febbraio 2013

Ora girati e va'...

Dammi solo un minuto, ti raggiungo e poi posso morire. Non pensare ai fantasmi che seguiranno, sono solo gli spiriti della mia stanchezza che non ti perseguiteranno, seguiranno solo me nel mio eterno abbandono. Ad ogni passo che farò riceverò un loro insulto, anche per loro sarò una vigliacca che ha preferito lasciare piuttosto che combattere. Ma non è così, tu lo sai che non ho mai mollato. Avrei desiderato percorrere altri luoghi, meno incantati, più reali, che mi facessero camminare con i piedi per terra, ma ho sempre scelto le vie meno congrue, le vie del vizio e dei viziosi. Avrò solo un momento di pace, prima della grande voragine che mi inghiottirà, come ha fatto mille volte nella vita, ma io temeraria ho tenuto duro. Ed ora eccomi qua, faccia a terra, prostrata nel più immane dei dolori, l'abbandono. Solo tu che hai abbandonato mi puoi capire, anche se mi lascerai morire lo stesso. Dammi solo un minuto, durante il quale io possa ripensare se nella mia vita ho fatto molto male, perché se così fosse, vorrei chiedere perdono prima di chiudere per sempre questo dramma. Ora girati e va'...


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martedì 19 febbraio 2013

Sei prigioniero di te stesso.

Altero e inanimato
non scorgi il peccato
che sovrasta te stesso
nulla puoi, non adesso.
Nudo e abbandonato
solo e abiurato
piangi nel tuo abisso,
ne nascerà un cipresso.
Rimarrai ora accasciato
senza ombra, il risultato.
Sotto l'albero dimesso
avrai luce, di riflesso.
Piangi il lutto accertato
finché morte t'avrà chetato.
Come un santo genuflesso
sarai ricordato, promesso.


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Ti pesa sull'anima.

Cammini piano, ti guardi intorno. Niente. Solo case, palazzi. Nessuna isola deserta che possa accoglierti, tenerti un po' nascosto al mondo. Avresti bisogno di evadere da questa quotidianità che ti pesa. Ti pesa sull'anima. Ti guardi intorno e vedi mille altre persone che vanno, ma nessuna di loro ha il tuo viso segnato. Segnato da mille giorni di odio che la vita ha nei tuoi confronti. Hai vissuto da sempre con questa tua concezione, essa stessa non ti ha mai perdonato nulla. La vita non perdona chi si sente debole nei suoi confronti. Piccolo alla vista del mondo, ne hai paura, oramai. Ti guardi intorno e non vedi che tramonti, mai un'alba che ti risollevi dal tuo torpore quotidiano. Castigo nel fondo di un bicchiere, sempre mezzo vuoto. Entra fiele nella tua bocca, e non esce nulla oltre la tua dichiarata malinconia. Disarmata di fronte al mondo. Ecco come ti senti. Nessuno ti ha detto come si imbraccia un fucile per difendersi dalle angherie, dai soprusi e dalle spacconate di chi è senza scrupoli e le armi le sa usare bene. Indifesa come un nave abbandonata in balia delle onde, ai capricci del mare burrascoso. E veleggi, quando puoi, nella bonaccia, ma sai che è solo per un po'. Altre tormente verranno a fiaccarti.



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Odore di zolfo.

Odorano di zolfo i pensieri delle persone che mi scorrono davanti, quasi a premonizione di accadimenti sensazionali, nel termine negativo della parola. Ma non ne ho paura, la mia strada non si incrocia quasi mai con quella di altre persone, che stanno a ridosso dei miei pensieri ma mai li intaccano. Cammino sempre più svelta come si allunga il passo quando la paura attanaglia la mente anche se non si sa bene il perché. Tutti li chiamano attacchi d'ansia, invece è proprio paura vera, quella che blocca le spalle e sollecita le vene del collo. Ho paura, un'angoscia indescrivibile e non riesco a darle una forma, una dimensione. So solamente che devo andare dritta per la mia strada senza indugiare, senza guardare nessuno negli occhi. Gli altri forse non capiscono che sto andando incontro al mio destino che sarà molto lontano da qui, per questo accelero il passo. Tremo, mi faccio forza ed ecco che mi si para davanti un figuro che non mi lascia passare. La mia paura si è materializzata e puzza di zolfo. La guardo, ma non indietreggio, non ne ho timore, adesso che mi ha raggiunto.




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mercoledì 13 febbraio 2013

Nessuna voglia di andare per il mondo.

Questa è una sciocchezza, ma di quelle che ti permeano il cervello. Sei un uomo libero che vuol restare incatenato. Lasciati andare, prova ad essere meno rigido con te stesso. Prova a riassaporare e riscoprire i gusti, i gesti e gli odori di tutti i giorni. Magari ti puoi rendere conto, con grande stupore, che tutto quello che fai ha un significato, che nulla fa proprio così schifo da essere inaccettabile. Prova a modificare qualche tuo comportamento. Sputa per aria. Inveisci. Fai una sana scazzottata. Vivi, perdio! Avere una bella testa non vuol dire ingarbugliarla, altrimenti a cosa servirebbe l'intelligenza? Cerca un capo delle due estremità e comincia a svolgerlo. Sciogli i nodi e quelli che si rifaranno, con pazienza, scioglili di nuovo. Giro dopo giro si arriva a farne un bel gomitolo! Spero sia l'impatto emotivo che i tuoi 'te' infondono e che fanno sì che tutti si vedano e si rispecchino in esso, soprattutto tu che ne sei il protagonista indiscusso. Se velatamente volevi far trasparire che sono state buttate vie parole date, non osare pensarmi tra chi butta le parole o tra chi ci gioca. Io conosco perfettamente il valore che do ad ogni singola parola. Rispetto le parole date. Così come rispetto i sentimenti delle persone che mi sono care. I poeti hanno questa forza dalla loro parte, saper far angustiare le persone e farle crogiolare in mille domande. Esiste sempre un'anima malandata. Ma di quelle anime che godono nell'esserlo per puro sadismo o forse perché sono state lasciate lì per troppo tempo a languire. Anima paurosa, rincantucciata in un angolino, nascosta a tutti, anche in quei giorni in cui la cerchi perché proprio ti serve. E provi ad allungare una mano, ma più ti addentri più lei si rende invisibile. E ti spaventi. Resti ammutolito perché non sai più cosa fare e alzi gli occhi al cielo e ringrazi Dio per la forza d'inerzia. La stessa che ti spinge ogni giorno a compiere determinati movimenti, a non misurarti nelle tue azioni perché sai che senza il supporto di un'anima, perderesti. E ti trascini, prima il corpo, poi la mente, poi non sai se l'anima ti segua nel tuo peregrinare. Se fossi sicuro, allora sapresti che ti seguirebbero anche i sentimenti e il cuore. E saresti completo. Anima malandata, la vorresti accanto a te, per parlare serenamente di voi due, le chiederesti di fare pace e di ripartire da lì. Non vorresti molto, all'inizio, magari un periodo di prova. In fin dei conti, forse, te lo meriti.
A te, folata di vento, sogno inconcluso... 



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giovedì 7 febbraio 2013

Assorbi uno sguardo.

Il tuo volto combattuto.
L'immagine angustiata.
Cambi lo sguardo 
e lo volgi al lontano.
Il tuo volto scavato.
L'immagine sofferente.
Fa rumore il tuo sguardo
e un lampo acceca.
Il tuo volto impietrito ma
l'immagine accogliente,
assorbi uno sguardo
e chini la testa.







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lunedì 4 febbraio 2013

Vestito di cenci e ferite.

Te ne sei andato in una velata e nebulosa mattina. Hai atteso il chiarore del giorno, dignitoso ed onorevole come il cuore di chi sta compiendo uno sforzo sovrumano per altruismo. La tua vita era solo silenzio e tribolazione, poi non ce l'hai più fatta. Hai racimolato le tue cose, poche in verità, ma non hai più sprecato un solo momento di vita. Prima di questo giorno elargivi il tuo passato e il tuo sapere a piene mani, ora non potevi più farlo. Ti hanno prosciugato di tutto i tuoi averi. Mendaci coloro che ti hanno ridotto a fuggire e a ragionare egoisticamente. Non hai pensato un solo istante, hai messo migliaia di passi tra te e quella gente che si accalcava dinanzi alla tua porta per lesinare favori. Errori, errori dolosi che ti sono costati una vita buttata ormai alle macerie. Sei stanco, mentre il sole freddo dell'inverno, fa capolino sulla tua testa e a stento lo vedi, nascosto da una nebbiolina sottile. Attendi che qualcosa richiami la tua attenzione, vestito di cenci e di ferite. La mente oscurata da mille messaggi che ti attraversano. E risolvi che sei solo, in quella mattina dal freddo pungente. Ti fa da scudo quella parabola discendente che chiami abbozzo di nuova vita. Vita, paradigma di cuore, di sentimento. Te lo sei portato con te, ma hai svuotato tutto il tuo essere e lo stai spandendo per le vie che percorri. Salvati finché sei in tempo. Percorri le vie che ti porteranno su nobili strade maestre, dove tu, sarai protagonista assoluto della tua vita. E il volo di immaginari aironi ti distoglie dai tuoi pensieri, mentre ti accorgi di seguire la loro scia immaginaria. Libero finalmente.  



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