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Pubblicazioni


Poltrone, seggiole e sgabelli

Rieccoci al nastro di partenza. 
A furor di politici che si schierano all'impazzata all'ultimo posticino rimasto libero. 
Chi corre di qua, chi di là, sembra un'ordinaria giornata di follia nella sede di Wall Street, i personaggi protagonisti e non che si scagliano contro l'ultima seggiola rimasta libera, in barba a tutte le regole della democrazia. 
E tutti hanno qualcosa di sensato da dire. 
Slogan altisonanti tapezzano le città con visi a tutti noti, persone che fino a ieri l'altro erano contrari a determinati coinvolgimenti, annaspano ora per arrivare almeno allo sgabello, si tuffano a pesce su chi ancora è rimasto con un posticino libero. 
Nascono come le fungaie partiti e partitini politici, creando un vero e proprio scompiglio in una popolazione che avrebbe una necessità estrema di qualcosa su cui contare, su qualcuno che non farfugliasse vere verità e che al solito non manterrà, una volta salito al potere. 
Poltrona vista dal popolo.

Tutti logori, tutti indaffarati, l'Italia sta subendo un radicale sconvolgimento. 
Ormai non esiste una politica ben determinata, nessuno riesce a fissare delle regole sulle alleanze, si spizzica un po' di qua e un po' da un'altra parte, l'importante è arrivare al quorum. 
Ce la farà il popolo a capire? 
Non ci scommetterei. 
Sorridenti i vari capogruppo che sono insieme a chi aveva dileggiato fino a poco tempo prima. Improbabili unioni. 
Grillismi di varia natura. 
E se non bastasse tutto questo a rendere la vita politica un caos assoluto, ci si rimettono i vecchi pedanti a riapparire sugli schermi, giorno dopo giorno angustiando le giornate del popolo. 
Come andrà a finire questa bagarre? 
Cosa capiranno mai di questi stravolgimenti le persone di una certa età che ancora cercano il simbolo della democrazia cristiana? 
Tutti contro tutti, questo dovrebbe essere lo slogan di queste nuove elezioni. 
Tutti contro il popolo, si potrebbe aggiungere. 
Perché si sa, il popolo è l'ultimo dei pensieri di questi politicanti navigati o di chi si è inserito all'ultima ora, avendo in mano la verità. 
Su, il gregge compatto eseguirà il proprio dovere. 
Andrà a votare con una totale confusione di alleanze più o meno equilibrate, più o meno interessate. Arrivederci a qualche milione di euro speso nell'interesse del popolo, una nuova elezione. 



Ai politici coraggiosi.

Nell'arco di pochi anni la storia ci parla di stragi così efferate da rimanere senza parole.
Si sono succedute in scuole, campi estivi, cinema.
La parola d'ordine è uccidere, togliere la vita a innocenti, siano loro bambini, ragazzi, adulti.
Queste stragi non hanno distinto l'età, il sesso, la razza.
Credo che non sapremo mai la causa prima, cosa mosse 'persone' ad imbracciare armi da fuoco, ciò che sappiamo con certezza è l'innocenza delle vittime, massacrate senza alcuna pietà da chi si fa padrone delle vite altrui.
Ed è la storia che ci parla del massacro al 'Virginia Polytechnic Institute'.
In Virginia (USA) la mattina del 16 settembre 2007 viene consumata una carneficina, che costa la vita a trentadue persone, mentre altri ventinove riportavano ferite di varie entità.
Non contando l'aguzzino morto suicida.
Si chiamava Cho Seung-hui, cosa scattò in lui quel giorno è ancora da scoprire, si trovarono solo lettere contenenti appunti di carattere vaneggiante.
Ad Utoya le vittime furono 69. Un numero inquietante, enorme, diabolico.
Anders Behring Breivik a Utoya, in Norvegia, il 22 luglio 2011 ha sparato centinaia di volte, ha mirato verso ragazzi e ragazze riuniti sull'isola per un campo politico, qualche ora prima, lo stesso Breivik fece esplodere una bomba all'esterno del quartier generale del governo ad Oslo provocando la morte di 8 persone.
Il suo fu un gesto, definito dallo stesso, per punire gli ideali del partito laburista per il sostegno agli immigrati musulmani.
Il 20 luglio 2012 un 24enne, James Holmes, indossando una maschera antigas e un giubbotto antiproiettile è entrato nel cinema Aurora, in Colorado (USA) durante la proiezione del film ' Il cavaliere oscuro- Il ritorno' uccidendo 12 persone e ferendone 58.
L'età dei morti variava dai 3 mesi ai 45 anni.
Usa sotto choc

E ultimo, in ordine di tempo, la strage di 'Sandy Hook'.
Un ventenne, Adam Lanza, affetto da gravi disturbi psichici, ha ucciso la madre e poi ha sparato all'impazzata all'interno di una scuola uccidendo 26 persone, 20 delle quali bambini.
Sono notizie che fanno rabbrividire, ma al contempo riflettere sulle 31 sparatorie nelle scuole, in America.
Le armi sono alla portata di tutti, si possono acquistare senza troppa burocrazia e senza difficoltà.
E' questo che ci si spetta dal futuro?
Morte gratuita, anche in giorni come questi, che attendono il Natale?
A gran voce l'America dovrebbe dire basta a questi massacri, ai pianti di chi resta, all'orrore.
A gran voce siano tolte le armi dalle mani di tutti.
A gran voce sia dato l'esempio da politici coraggiosi, è arrivato il tempo di dire 'basta'.



L'Io e le parafilie.


Perché ha avuto un successo strepitoso il romanzo 'cinquanta sfumature' di grigio, è presto detto.
Ogni tanto ci si imabatte in notizie come questa: 'Madre di famiglia si costruisce stanza sadomaso in un bunker abbandonato.
Quando due pescatori svedesi si sono imbattuti in una stanza totalmente rinnovata in un bunker abbandonato avevano pensato che si trattasse della scena di un crimine, ed hanno deciso di contattare la polizia.
Ma dopo poche indagini gli agenti sono stati contattati da una donna che ha spiegato che si trattava di un equivoco: era stata lei a preparare la stanza, dotata di letto con lenzuola in seta, falli, vibratori, corde e un’ampia varietà di oggetti in pelle.
La donna, di cui è stato reso noto il nome (Lena) ed è stata descritta come una madre single quarantenne, ha spiegato di avere allestito la stanza assieme ad un uomo con cui si vedeva da qualche tempo, per 'mettere alla prova i suoi limiti'.
Lena ha anche raccontato che dopo che la notizia è diventata pubblica i suoi amici e conoscenti sono rimasti scioccati, e commenta 'La Svezia non è veramente un paese così libero dal punto di vista sessuale'.
Il che ci riporta ad una realtà assoluta, chi ha letto quel libro ha delle fantasie orientate verso uno stile di vita sessuale mordace, fantasie di stupro, di sottomissione.
Anche se nessuno mai sarà disposto a confessarlo, anzi, tutti gli intervistati dicono di aver letto il romanzo per curiosità.
Una curiosità quasi 'malata, perché nascosta, vergognosa, non rispettabile'.
Credo che nessuno abbia affermato che il libro è piaciuto loro per il sadismo, il masochismo insito nei personaggi, il coraggio delle scelte, vs la paura di ciò che pensa la gente.
In Italia esistono 'alberghi' con stanze attrezzate a veri e propri dungeon, si prenota e si apre una schiera di stanza con nomi affascinanti, che riportano immediatamente a pensare alle 'parafilie' di cui sono affetti i soggiornanti.
Abbigliamento sadomaso

Nel cambiare argomento, però rimanendo in tema di esagerazioni, c'è 'La stanza per sfogare l' aggressività', dove si può sfasciare tutto.
Lo stress è tanto e vi capita di avere una voglia matta di sfasciare tutto prendere a martellate tutto quel che vi capita sotto tiro?
Finora (speriamo) avete evitato perché non è un comportamento opportuno, ma adesso c’è un’altra soluzione, anche se per il momento dovete andare in Texas.
L’imprenditrice Donna Alexander infatti ha creato la 'Anger Room', una stanza in cui si può (a pagamento) sfasciare tutto il contenuto.
L’idea, racconta la Alexander, le girava per la testa da quando aveva 16 anni.
La stanza è dotata di arredamento (rigorosamente low-cost, ma è comprensibile…), vecchi televisori, manichini (senza testa, perché non si vuole focalizzare lo sfogo della violenza sulle persone ma sulle cose).
Ai partecipanti, che possono affittare la stanza per periodi di 5, 15 o 25 minuti, vengono forniti guanti di protezione, caschetto e occhiali di sicurezza.
E soprattutto una mazza da golf, con cui sfogarsi.
Donna racconta che il suo insolito business sta avendo un discreto successo, sopra le aspettative, anche se al momento non ha ancora pareggiato l’investimento effettuato.
I clienti sono molto soddisfatti: 'Quello che sorprende la maggior parte è la quantità di forza fisica che è necessaria per durare anche solo 15 minuti.
Quando sei arrabbiato ti senti come se potessi distruggere il mondo, ma una volta che hai fatto sfogare un po’ la rabbia la gente rimane a boccheggiare per lo sforzo per un po’ di minuti'.
E' un altro stile di sfogo, ma pur sempre inadatto alle persone con un sano equilibrio mentale.
Ci si chiede cosa penserebbe Jung immergendosi nella sua osservazione dell'inconscio.
'Malattie creative'?
La mente umana ha la necessità di cercare un senso alla vita e al mondo attraverso l'Io.
Fino a dove ci spingerà questo inconscio personale e collettivo?



Leggi strane?


Ci ridiamo su o il raccapriccio ci blocca.

Vengono spacciate per leggi strane, addirittura divertenti.
Andiamo a leggerne alcune, che non hanno nulla di ilare.
Anzi...
  • A Fairfield, Illinois è vietato ai negri rimanere entro i confini della città  dal tramonto all’alba.
  • A Spearfish, South Carolina, se tre o più indiani camminano assieme per strada, si può sparare loro.
  • In Inghilterra, tutti gli uomini al di sopra dei 14 anni devono esercitarsi due ore al giorno con l'arco
  • In Canada, se venite rilasciati di prigione, è previsto che vi siano consegnati una pistola, dei proiettili ed un cavallo, in modo che possiate lasciare la città.
  • in Inghilterra, ogni maschio che abbia più di 14 anni deve esercitarsi due ore al giorno al tiro con l’arco, con la supervisione di un ecclesiastico del luogo
  • In Maine, South Carolina e Massachusetts, la legge richiede che ciascun uomo adulto porti un fucile in chiesa, quando va a messa, per proteggersi da un attacco da parte di nativi americani.
  • In Nevada se qualcuno spara al tuo cane nella tua proprietà, hai diritto di impiccarlo.
  • A Nome, Alaska, è vietato girare per la città  con arco e frecce.
  • In Indiana, la pena per aver falsificato un assegno sono 100 frustate in pubblico.
  • A Columbus, Georgia, i modellini di aeroplano possono essere fatti volare solo sulla propria proprietà , oppure sull’obitorio.
    Separazione dei bianchi dai negri.
    A Gainesville, Georgia, la legge impone di mangiare i polli con le mani.
  • A Moline, Illinois, è vietato guidare ripetutamente senza motivo sulla 23esima strada.
  • A Normal, Illinois, è vietato fare boccacce ai cani.
  • A Gary, Indiana, una persona non può entrare nei cinema o guidare taxi per 4 ore dopo che ha mangiato aglio.
  • A Freeport, Maine, la legge vieta di “espettorare” dal secondo piano.
  • A Excelsior Springs, Montana, è vietato “lanciare a mano oggetti duri”.
  • A Bernards Township, New Jersey, è vietato aggrottare le sopracciglia.
  • A Tulsa, Oklahoma, per aprire una lattina è necessaria la supervisione di un ingegniere qualificato.
  • A Stanfield, Oregon, non più di due persone possono bere dallo stesso bicchiere.
    Americanate? Senz'altro.
    Alcune fanno sorridere, altre aggrottare le sopracciglia, molte fanno venire la pelle d'oca.
    Soprattutto le leggi assolutamente razziste e discriminanti.
    E' un umorismo alquanto 'noir' dal quale ovviamente ci dissociamo, ma tutto questo baillame di leggi che sembrano scritte da incalliti bevitori di whisky, hanno il loro fondamento giuridico.
    E tutti stanno a guardare.

                                                        Cominciamo da Marcela e Jenna.
A Rio de Janiero, sciolti gli ultimi tabù che si opponevano a ciò che poteva sembrare una recita, ha preso il via il concorso di bellezza tra miss- transessuali.
Si chiama 'Miss T' Brazil' e lo spettacolo ha visto sfilare 23 trans agguerrite, forgianti diverse mise: dall'abito da sera, al bikini, all'intimo.
Una delle organizzatrici dello spettacolo 'Miss T' Brazil' ha sostenuto a gran voce che transessuali e travestiti possono tranquillamente sfilare in un concorso di bellezza, hanno lo stesso diritto delle donne e quindi uno dei scopi principali è quello di sfatare i tabù che ancora insistono nel mondo.
La vincitrice, Marcela Ohio, è stata la più votata in assoluto e ciò é stato quasi un voto unanime, vista la sua eleganza nei movimenti e la sinuosità personale che l'hanno subito resa una tra le migliori sfilanti.
Ma l'avventura di Marcela non finirà qui a Brasilia.
Marcela Ohio, Miss T' Brazil

Infatti la ragazza volerà in Thailandia a rappresentare il Brasile a 'Miss International Queen', competizione internazionale che si svolge ogni anno nel paese numero uno per le operazioni per cambiare sesso.
Non vi è nulla da obiettare al fatto che, case di cosmesi e di abbigliamento, stiano investendo sui trans.
Non dimentichiamo la storia di Jenna Talackova, una trans che si era iscritta al concorso di Miss Universo e si era vista cestinare la domanda di partecipazione.
Altissima, bionda, molto bella.
Il suo passaporto riporta F alla voce sesso.
Nata uomo, Jenna si è sottoposta a cure ormonali fin dall'età di 14 anni e ha cambiato sesso a 19 anni.
La ventitreenne canadese si era presentata alle selezioni di Miss Universo senza rivelare il suo sesso iniziale ed era quindi stata immediatamente squalificata non essendo nata di sesso femminile.
Da qui ebbe inizio la sua battaglia che ha poi vinto e infatti dal 2013 anche i transgender saranno ammessi a partecipare ai concorsi di Miss Universo.
La ragazza è stata sostenuta dall'associazione 'Glaad', l'associazione di gay e lesbiche, che ha fatto grossissime pressioni sugli organizzatori di Miss Universo.
E hanno raggiunto il loro obiettivo.
Paula shugart, presidente di Miss Universo, ha affermato che da sempre il concorso si batte per l'uguaglianza di tutte le donne.
In bocca al lupo Marcela e Jenna.

Chi non ha paura sono i delinquenti


Riteniamo che gli scontri che si succedono nelle piazze italiane o in altri stati membri, di questa pazzia collettiva chiamata recessione, siano a pro o a danno di ciò che viene chiesto, dei diritti che vengono portati in piazza sotto forma di festoni, cartelloni, bandiere?
Non certo della libertà personale che va sempre più scemando manifestazione dopo manifestazione. 
Molte forze entrano in campo quando si pensa ad un corteo, anche tra i più pacifici.
Ma l'inizio di tutto è dato dalla richiesta di poter svolgere una manifestazione, diritto inalienabile per un cittadino, che vuole dire la sua quando non si sente ascoltato da nessuno. 
Quando viene permesso, ecco spuntare tutta la sequela di problemi.
Problemi che vanno dall'ordine pubblico, ai manifestanti, molti dei quali non aspettano altro che ci sia un assembramento di persone per mettere in atto la loro natura di criminali. 
Le forze dell'ordine chiamate a controllare che la manifestazione si svolga nella piena sicurezza, hanno a che fare con migliaia di persone, loro sono pochi, a volte ben intenzionati, ma forse anche tra di loro si può nascondere qualche mela marcia, qualcuno che desidera muovere le mani. 
E a volte succede, che nell'irrequietezza vengano commessi atti che hanno del criminale.
E si fa la conta a manifestazione finita, come si fa la conta dei danni che subiscono gli edifici, le case, le macchine.
Scontri durante la manifestazione
del 15 novembre.

A volte, credo si cerchi la vendetta, per torti subiti in passato e chi sconta sconta, non ha importanza che non si c'entri nulla con quello che successe anni fa, o si pensi a qualche collega che rimase ferito, se non addirittura morto, sull'asfalto. 
Dall'altra i manifestanti, ai quali, quasi sempre si aggiungono gruppi di fanatici vogliosi di mettere a ferro e fuoco un'intera città, non curanti delle implicazioni, del dolore che arrecheranno, magari riducendo qualche persona in fin di vita.
Diventano sempre più spettacolari queste manifestazioni, da un lato le persone che vogliono veder riconosciuti i loro diritti, dall'altra deliquenti che si mescolano tra di loro armati di spranghe e altri armi bianche, pronti a colpire.
Molto spesso dopo pochi chilometri di corteo è già guerriglia e le persone dimenticano il nobile scopo per cui erano lì, cominciano i fuggi fuggi generali, gli attacchi da parte delle forze dell'ordine, arriva il momento che anche l'innocente viene implicato in questo marasma.
A chi si vuole dare addosso? 
Le manifestazioni pacifiche sono un diritto, ma è anche un diritto l'incolumità personale, è un diritto il dovere di cronaca, è un diritto che chiunque possa dire la sua senza per questo essere mandato all'ospedale.
Da quello che si vede sembra invece sempre più difficile scendere in piazza senza avere paura di rimanere vittime di esaltati, o nel bel mezzo di un attacco della polizia. 
E la paura la fa da sovrana. 
Chi non ha paura sono i delinquenti.  

No peace without justice.



No peace without justice, recita la campagna contro le mutilazioni dei genitali femminili.
Stop FGM. Bikaloro. END FGM.
Centinaia sono le associazioni che si battono, milioni e sempre in aumento i casi di infibulazione.
E ne stiamo ancora parlando da anni, anni di dure lotte per fermare un abominio perpetrato ai danni di bambine, incoscienti della vita, incoscienti della loro futura sorte.
Bambine appunto.
Ma non sono bambini i padri, i fratelli, i nonni, non sono bambine le madri, le nonne, le mammane.
Sono torturatori, criminali della peggior risma.
Abusatori di un'infanzia che non sarà mai.
Waris Dirie dice e scrive a gran voce: Female Genital Mutilation has nothing to do with culture, tradition or religion. It is torture and a crime.
Mentre sto scrivendo si è a conoscenza di 140 milioni di casi di mutilazioni e questo non avviene solo in Africa e in Asia, ma anche in Europa, negli Stati Uniti e in Australia.
Sì perché questa pratica non solo viene esportata dai paesi di origine, ma quando i genitori possono, riportano le loro figlie in Africa, Asia e Medio Oriente durante le vacanze e qui intervengono senza avere nessun problema.
E ogni anno, almeno 3 milioni di bambine sono a rischio di subire questa violenza disumana, considerando che vengono 'operate' tra i 4 e i 14 anni.
Campagna contro la mutilazione
degli organi genitali femminili

Le 'Bikaloro' cioè le bambine non scisse sono insultate pesantemente essendo, per questi adulti, prive di ogni maturità.
Bambine che non hanno e non avranno mai diritti.
Nemmeno i più elementari diritti all'integrità fisica, al raggiungimento dei più elevati standard di salute, alla libertà da qualsiasi forma di discriminazione contro le donne, alla libertà dalle torture, i diritti dei minori e in casi estremi il diritto alla vita.
Esistono, a seconda dei paesi dove vengono praticate, diversi tipi di menomazione.
La clitoridectomia o recisione.
E' la pratica più comune e implica la rimozione del clitoride insieme a tutta o a una parte delle piccole labbra ed è conosciuta con il termine 'tahara' che ha il significato di purificazione.
L'infibulazione è la forma più severa di questa pratica.
Comporta il taglio del clitoride, delle piccole e grandi labbra.
Le estremità rimanenti delle grandi labbra vengono cucite insieme in modo che l'orifizio vaginale venga chiuso.
Durante il processo di guarigione viene inserita nella vagina una scheggia di legno per poter permettere il passaggio dell'urina e del sangue mestruale.
In seguito all'operazione, le gambe della ragazza vengono legate finché la ferita della vulva non guarisce.
La prima notte di nozze la cicatrice dei genitali deve essere defibulata per consentire la penetrazione, ma non sempre avviene.
In seguito ad ogni parto viene praticata la reinfibulazione per restituire al corpo della donna la sua condizione prematrimoniale.
Ed è sempre la donna condannata dalla società, al di là delle motivazioni 'religiose' la sessualità femminile è vista come atto impuro, che deve essere controllato, inoltre garantisce la verginità della donna, ne riduce il desiderio sessuale e ne impedisce la masturbazione.
Antichi retaggi che trovano ancora vive le parole 'onore' e che spesso costringono le giovani a desiderare di essere sottoposte a questa tortura per non essere emarginate.
Nella tradizione le mutilazioni non sono considerate un atto di violenza su minori, ma un segno di attenzione e cura della famiglia verso la bambina, infatti una donna non escissa è stata una bambina di cui nessuno si è preso cura.
Una donna non infibulata, anche se vergine, non troverà marito.
Gli strumenti utilizzati per compiere questa barbarie sono spesso coltelli, lame di rasoi, forbici e pezzi di vetro.
Ovviamente non esiste l'anestesia se non per chi va in una clinica specializzata.
Ovviamente la mortalità è altissima.
Le infezioni e le malattie infettive non si contano.
Quanta strada hanno le donne da fare per non essere sempre le prede di tradizioni e maschi aguzzini.

La magia degli anta, vista da una portatrice di anta.

Siamo lì, lì, ad un passetto dai 50 anni, qualche amica ne ha di meno, qualcuna di più, ma che dà lustro a questa età sono le donne che gli anni non li contano e proseguono lungo la via che ha portato loro fino ad un traguardo che, per qualche decennio fa, era impensabile.
Sono dentro una scatola magica le 50enni di oggi e sopravvivono ad una realtà che le vorrebbe donne mature, pannolone dotate, Mister Magoo della vista, incapaci, da proteggere e da accompagnare non si sa bene dove.
Hanno raggiunto un personale sistema di ancoraggio e distacco da ciò che le circonda che ha dell'incredibile.
Sembra che a questa età tutto sia concesso e tutto si concedano le signore che hanno riletto da poco Seneca, che rispolverano il latino e che non si perdono una lezione di lingua inglese e francese, che non si sa mai possano servire.
Conosco i figli come le loro tasche e come i calzini che hanno addosso li sanno rovesciare.
Sono presenti nelle loro vite con un mordi e fuggi, per cercare di capire se hanno problemi gravi, sennò lasciano loro alla vita, liberi di fare scelte, giuste o sbagliate che siano.
In famiglia sono propositive, hanno quasi sempre la meglio sulle decisioni perché hanno un innato modo di affrontare le vicende che le porta sempre nella direzione giusta.
Le vedi baldanzose in una giornata di festa con in mano l'ultimo best sellers, il portatile, uncinetto e cotone per fare qualcosa a imperatura memoria.
Cinquantenni rampanti
E ciò le diverte perché non è una caricatura ma uno spaccato di questi anni, è come dicessero, guardatemi so fare tutto, so passare dal sistema Os di apple, riesco a leggere, senza dizionario, un intero libro, ma mi dedico anche alla riscoperta della mia gioventù.
Non tutte sono donne in carriera, alcune di loro nemmeno lo vorrebbero, ma tengono in giusto conto il lavoro e producono per quello per cui vengono pagate.
Si arricchiscono di letteratura, riscoprono i saggi, leggono un paio di quotidiani e inseriscono dentro un vezzoso mensile per annotare un po' cosa va di moda.
Decidono loro per il look e osano sempre di più.
Escono per una serata con le amiche, jeans stracciati e maglie di flanella che deliano corpi ancora sodi e procaci.
Sanno rispondere anche delle loro rughe, scientemente ricordano a memoria la frase di Anna Magnani che non le avrebbe mai toccate, visti gli anni e l'impegno che le sono costate.
E ridono, molto spesso di se stesse, ma anche di chi le vorrebbe a casa, donne di famiglia che non si sa bene cosa voglia dire.
Alcune la chiamano seconda vita, altre la definiscono semplicemente un'evoluzione della vita.
Godono dei diritti che si sono conquistate con gli anni di dure battaglie, più dure ancora di quelle che si svolgevano nelle piazze nei primi anni 70.
Aborriscono l'8 marzo, perché non è una festa, ma solamente un monito a chi non sa e non comprende i diritti delle cittadine italiane e non.
Si occupano sempre più del sociale, battagliere come mai, usano uno charme che ha dell'incredibile per ottenere risultati impensabili fino a pochi anni fa.
E' vero, molte hanno un'incoscenza anagrafica abbastanza marcata, ma si battono per i modi di dire, non sempre sbagliati, che ognuno ha l'età che si sente.
Non sono gelose delle ventenni, sanno di avere accumulato una ricchezza interiore, autoironia e uno charme difficilmente sostituibili.
Affrontano il periodo della menopausa consapevoli di tutto ciò che potrebbe accadere e lo rivelano tranquillamente, anzi lo demonizzano con un 'statemi alla larga che oggi gli ormoni sono impazziti'.
Le 50enni dovrebbero riuscire solo a bacchettare i mass media che le dipingono incontinenti, portatrici di dentiere e argano nella vasca da bagno.
Suvvia, sono anche donne che vanno alle terme, che ballano in discoteche l'R&B, che si tingono i capelli di un bel rosso fluò che fa tanto colore caldo, non bevono camomille e tisane, ma qualche rinforzante ginseng.
Sanno passare da un repertorio comunicativo di una dolcezza inaudita ai più coloriti gerghi.
Insomma, diciamocelo, le donne italiane sono bellissime interiormente ed esteriormente di certo anche molto esigenti.

Dal Marchese de Sade a Cinquanta sfumature di grigio.

Un pezzo ben scritto sarebbe stato doveroso su un libro che ,apparentemente, non aveva motivo di diventare un best sellers, il book più venduto e tradotto di questi anni.
Invece ci si deve soffermare sulle motivazioni di questa richiesta e del mercato che se ne sta facendo, ancora ora, a inizio inverno.
Dopo un'estate bollente, passata a leggere, anzi a mordere pagina dopo pagina il libro: Cinquanta sfumature, l'eco delle gesta dei due protagonisti della storia, non si è ancora assopito.
Tanta risulta la voglia di trasgressione, soprattutto nelle donne over 40, voglia che nelle pagine del libro si dispiega con toni abbastanza profanatori e scurrili.
Ma nessuno vuole fare da critico, anzi, la scelta marketing è stata azzeccatissima. Tre libri pronti, lanciati sul mercato uno dopo l'altro, forse un po' la paura che si assopissero questi desideri nascosti da parte di un pubblico forse un po' poco 'esigente'.
Una storia narrata con toni semplici, ma è la storia ad essere complessa per la novità dei temi, che poi tanto novità non è, visto che, tornando a memoria, indietro di qualche centinaio d'anni un certo Marchese de Sade, diede il via al racconto bdsm.
Vipera, da Il Marchese de Sade
Altri titoli si trovano qua e là nell'web che spiegano un po' tutto di queste pratiche.
Molti i siti di incontri che vedono protagonisti assoluti Master e Mistress, giù giù fino ad arrivare agli schiavi puramente detti.
Esistono codici scritti, esistono contratti di schiavitù in piena regola, esistono delle specie di comandamenti che uno schiavo deve seguire se non vuole essere sostituito con un altro.
Non sempre è un mercato a pagamento, anzi, molte persone, sia donne che uomini, si mettono al servizio in modo completamente gratuito, diventando di fatto uno schiavo, del quale il Padrone o la Padrona può fare e decidere quello che vuole.
Basta solo sbirciare nell'web ed ecco apparire siti interamente dedicati a queste pratiche, che consigliano, danno suggerimenti, insegnano.
Molto interessante la pratica delle legature.
Meno interessante ma più cruenta la pratica delle torture, spiegata con abbondanza di sinonimi e foto.
Ci sono siti che, al loro interno, hanno una vera e propria lista su cui scegliere chi si desidera.
Vuoi un feticista? Un clinical? Un master che ci va giù pesante con le frustate e le sevizie?
C'è tutto, non manca la scelta dei gadget, vastissima, per tutte le tasche, per tutti i gusti.
'Cinquanta sfumature' ha narrato una delle tante storie che potremmo trovare nel mondo dell'web.
Non illudiamoci che sia la favola del riccone a farla da padrona, nei siti c'è tutta una vastitàm di intoccabili che vanno da medici, a scrittori, a musicisti, non c'è solo il sadico che nel consenso generale può apparire uno sfigatello che ha bisogno di essere preso a frustate.
Il mondo bdsm è trattato più finemente, è praticato da molti liberi professionisti che non lo fanno per gioco, ma per stile di vita.
C'è di che sbizzarrirsi.  
Il mito compie 50 anni: Diabolik il re del terrore.
Il fumetto che narra le gesta del re terrore compie 50 meritatissimi anni.
Un traguardo memorabile per uno dei più venduti fumetti nato dalla mente di due sorelle della Milano bene, Angela e Luciana Giussani, le sorelle Diabolike.
Diabolik è il primo fumetto noir italiano in formato tascabile.
L'idea nasce dalla volontà di rendere meno noioso il viaggio dei pendolari lungo la tratta del treno per e da Cadorna, un fumetto che attiri l'attenzione con dei brividi e suspance, sia in formato tascabile e duri all'incirca 40 minuti.
Tutte queste esigenze si sono concretizzate con la prima uscita del fumetto Diabolik del 1° novembre 1962.
La trama è scritta dalla stessa Angela e questo sarà solo il primo dei tanti successi delle due sorelle che iniziano ad occuparsi della loro casa editrice: l'Astorina e a scrivere a quattro mani le avventure rocambolesche del 're del terrore'.
Per capire i gusti dei suoi potenziali clienti, Angela fece un'indagine di mercato da cui scaturì che molti in viaggio leggevano romanzi gialli, anche se tradizione vuole che l'intuizione le arrivò per caso grazie a un libro trovato abbandonato in treno, un romanzo di Fantomas.
Nasce il "formato Diabolik" (12 x 17 cm), poi ripreso da molte altre pubblicazioni del genere.
Il formato tascabile contribuirà all'inimmaginabile successo nel tempo del personaggio Diabolik.
Il primo numero, uscito il 1º novembre 1962 portava il titolo 'Il re del terrore'.
Diabolik è un ladro spietato e quasi sempre vincente.
Diabolik il re del terrore
Fidanzato inizialmente con Elisabeth Gay, nel terzo numero della serie incontra la bellissima Eva Kant, che diventerà la sua compagna di vita; il loro costante scopo è rubare denaro e gioielli.
Non si fanno scrupoli morali, in quanto spesso le vittime sono ricche famiglie, banche o altri personaggi criminalmente arricchiti.
Agiscono sempre con estrema sicurezza e freddezza.
Il ricavato serve per vivere una vita agiata e per finanziare i nuovi e sofisticati metodi per le future rapine, spesso tecnologicamente al limite dell'irreale ma di grande impatto emotivo.
L'incontro di Diabolik con Eva ammorbidirà nei successivi numeri il carattere, pur sempre forte, del "re del terrore", il quale da spietato e crudele ladro assassino diventerà un personaggio via via più umano, contraddistinto da un suo particolare senso morale.
Questo anche naturalmente per assecondare il favore del pubblico del fumetto col trascorrere degli anni.   Eva Kant, cosa molto particolare per un fumetto nato negli anni sessanta, diviene via via meno sottomessa al partner, e il suo aiuto si rivela indispensabile e apprezzato per il protagonista.
Quanto alle origini del personaggio, su di esse fa una qualche luce il n. 5 (107) del 1968, il celebre Diabolik, chi sei? unico sopravvissuto di un naufragio, giunse in fasce su un'isola fuori delle normali rotte, fu allevato dagli uomini del malvivente King e da loro apprese le più svariate tecniche criminali. Diventato adulto, uccise King e fuggì dall'isola con il tesoro della banda, adottando il nome di una feroce pantera nera a cui King lo aveva paragonato.Inizia la sua carriera in oriente, nel Deccan.
Qui viene salvato da un contrabbandiere di nome Ronin ed entra a far parte della scuola di quest'ultimo, dove gli vengono insegnate numerose tecniche che in seguito faranno parte della sua attività, come i mille trucchi che utilizza per seminare i nemici, il lancio del pugnale e le arti marziali.
Inoltre, in questa scuola adotterà la famosa calzamaglia nera.
Poco tempo dopo la scuola viene distrutta e tutti gli allievi e i maestri, compreso Ronin, vengono uccisi da Walter Dorian, un criminale di Clerville sosia di Diabolik.
Diabolik, unico sopravvissuto, lo ucciderà, in apparenza, e s'impossesserà della sua Jaguar e di tutte le sue proprietà, assumendo l'identità di Walter Dorian.
Sempre in Oriente avvenne il primo incontro tra lui e Ginko.
L'ispettore, sulle tracce di trafficanti di droga, avrà il primo faccia a faccia col criminale e in quel momento inizierà la loro eterna sfida. 
Poco tempo dopo, Ginko lo catturò, senza sapere che il criminale indossava una delle sue maschere. Diabolik fuggì subito dopo. Il primo colpo, raccontato nel primo episodio della serie, Il re del terrore, vede come vittime la famiglia Garian. 
Con un abile gioco di maschere e intrighi, Diabolik, alias Walter Dorian, rovina l'intera nobile casata. Farà la prima apparizione Gustavo Garian, che nei primi numeri sarà una sorta di assistente di Ginko.
Nel primo numero facciamo anche la conoscenza di Elisabeth Gay, la prima ragazza di Diabolik, bella ma molto ingenua, che crede che il suo amante sia un ricco uomo d'affari. 
Sarà Elisabeth a scoprire la vera identità di "Walter" e a denunciarlo nel terzo numero. 
L'arresto di Diabolik. 
Sempre nel terzo numero fa la sua prima apparizione Eva, che, dopo la denuncia di Elisabeth, salva il ladro dalla ghigliottina, facendo giustiziare un suo fastidioso pretendente.
Brividi da 50 anni e per festeggiare questo re del brivido è in mostra la sua storia al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano.
Molti cimeli sono presenti nella location: le tavole originali dei primi numeri, una copia dell’introvabile e preziosissimo numero 1 del 1962, rari gadget d’epoca, pagine di sceneggiatura uscite dalla macchina per scrivere di Angela Giussani.
Alcuni monitor mostrano ai visitatori filmati d’epoca, gallerie d’immagini, il trailer del film “Diabolik” del 1968 girato da Mario Bava.
Particolare attenzione è poi dedicata alla Jaguar E-type coupé del ’61, da sempre compagna d’avventure di Diabolik. 
Oltre all’auto vera, impeccabilmente restaurata per l’occasione, una serie di bacheche ospita modelli in scala della stessa realizzati da Franco Nodo e modifi cati per mostrare tridimensionalmente alcuni dei più spettacolari trucchi messi in opera dal Re del Terrore durante i suoi cinquant’anni di ininterrotte fughe. 
Auguri Diabolik.





Il 'purismo' dell'Accademia della Crusca compie 400 anni
Chi non ha mai sbirciato in quel librone ingiallito dal tempo, nel tentativo di scrivere in maniera impeccabile.
L'Accademia della Crusca è da sempre sinonimo di veridicità, di solidità culturale, di risposte agli interrogativi che ci si pone nello scrivere quotidiano o nelle diatribe tra colleghi insegnanti o tra studiosi della lingua italiana.
I festeggiamenti dei quattro secoli del Vocabolario delle Crusca (1612) sono una celebrazione particolare. Nel 1600, nessuna delle lingue, definite moderne, possedeva un vocabolario che contenesse tutto l'insieme delle parole e dei modi di dire che costituiva una lingua.
Lo stesso italiano era una lingua molto giovane.
Basti pensare che sono nel cinquantennio precedente, a opera di Pietro Bembo nel ruolo di teorico e
di Ludovico Ariosto e del Sannazaro, nel ruolo di utilizzatori finali, si era regolato l'uso dell'idioma toscano letterario.
La storia dell'italiano, infatti, è caratterizzata dal prestigio che seppe raggiungere prima ancora che l'Italia esistesse.
Scavalcando gli intricati confini degli stati preunitari, l'idioma toscano letterario incarnò un'idea morale di nazione, repubblica delle lettere armata non di eserciti, ma di letteratura, di poesia, di eleganza stilistica.
Quinta edizione del Vocabolario
dell'Accademia della Crusca
Se ricca e complessa appare la storia del processo di alfabetizzazione di massa, non meno affascinante è la vicenda culturale di un lingua che fu strumento espressivo di poeti come Dante e Petrarca, di scienziati come Galileo, di prosatori come Machiavelli.
A meno di un secolo di distanza, questo idioma era riconosciuto, anche se non ufficialmente, come lingua nazionale (mancava, come suddetto, una nazione cui rapportare la lingua usata dai dotti e dagli alfabetizzati dei vari staterelli in cui era frazionata l'Italia).
Gli accademici della Crusca dovettero inventarsi, ex novo, tutto il vocabolario.
Lo fecero gratis, per puro amore della lingua, e non erano solo filologi, ma anche scienziati, artisti che si improvvisarono lessicografi e con successo.
In ordine di tempo, al Dizionario della Crusca seguirono nel 1694 quello dell'Académie, nel 1726, quello della Real Academia, dobbiamo aspettare il 1787 per l'inglese.
Il perché della furia italiana è presto detto, il motivo principale fu che nella metà del Trecento erano già apparsi i capolavori di Dante, Petrarca e Boccaccio, testimoni diretti della nascita di una grande lingua letteraria.
Da qui la necessità di coglierne il sistema linguistico e lessicale.
La prima edizione del Dizionario fu pubblicata a Venezia, quasi a cogliere la conferma ufficilae di un'asse linguistico Firenze- Venezia, che nei fatti si era già realizzato, dato che i tipografi veneziani avevano per primi eliminato dalle loro stampe i tratti dialettali che invece restavano vistosi nei volumi pubblicati altrove.
La Crusca festeggia nella splendida Villa Medicea di Castello, mescolando uno spettacolo sulla vita di Dante e un concerto di musica barocca.
Un dizionario festeggiato come un tesoro della lingua italiana.  



'Stay hungry, stay foolish, stay choosy'.

Ogni cittadino ha il dovere, sacrosanto, di essere 'choosy', parola molto rétro che oggi un madrelingua scambierebbe con picky, che non significa propriamente 'schizzinoso' ma colui che vuole avere una scelta, ampia scelta.
Termini come questi, hanno definizioni in italiano con migliori costrutti, mentre gli inglesismi a volte celano incertezze, camuffano concetti in maniera goffa, quasi un giro di parole per addolcire la pillola.
Pillola che però non è stata addolcita per nulla, perché gli italiani saranno anche senza lavoro, ma non si lasciano infinocchiare da un ministro con scarsissime capacità retoriche.
Resta comunque il fatto che l'essere choosy è un sacrosanto dovere, perché l'articolo 4, comma 2 della Costituzione così recita: ' Ogni cittadino ha il dovere si svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società'.
E' come qualificare il governo tecnico di Monti e codazzo, unskilled, hopeless con il peggiore nitwit.
Si dirà che sono sinonimi ma così non è, dietro a queste parole c'è un intercalare di bassezza fino ai minimi storici appunto, con nitwit.
Il Ministro del Welfare Fornero
Ma di gaffe, più o meno gravi, i signori del parlamento, ci hanno abituato bene in questi anni, rendendosi più volte ridicoli di fronte a quegli stessi choosy che li hanno votati.
Partendo dal più lontano Padoa Schioppa che definì alcune persone, ossia trentenni ancora in casa di mamma e papà, dei 'bamboccioni'.
Per non parlare dei famosi 'fannulloni' dell'ex ministro Brunetta, ciarliero, battagliero ma facente funzioni di fannullone lui, per primo.
Fino ad arrivare a Martone con il suo 'sfigati' termine la cui leicità è tutta da vedere, da considerare, visto che tutti non hanno la possibilità economica e mentale di essere a posto con gli studi.
Non dimentichiamo il Presidente del Consiglio in carica che non ha risparmiato di gettare nel burrone del Taigeto i giovani italiani con la sortita, poco ironica, che il posto fisso non va più di moda.
La Sparta di Licurgo, come mura aveva le virtù e la potenza dei suoi giovani, l'Italia di Monti e di molti altri politici ha come fondamenta bamboccioni, fannulloni, sfigati, choosy.
Tutti questi 'j'accuse' nulla hanno a che vedere con il 'Stay hungry. Stay foolish' del 2005 quando Steve Jobs, durante un 'commencement speech' fece diventare questa famosissima frase un'icona per una generazione che sogna, che lotta a testa alta, sognando un mondo, e una posizione sociale, migliore.
Si sente l'irradiarsi l'alone di un mito: siate affamati, siate folli, non mollate, siate avidi di sapere e conoscenza e continuate a sognare, contro l'affossamento cadenzato e mirato di chi non vuole e non sa investire nelle future generazioni: siete bamboccioni, sfigati, choosy.
Che bassezza colpire il nostro futuro, i nostri investimenti: i nostri giovani; questa politica offende, disprezza e insulta dall'alto di una posizione privilegiata e baronale.
Monti & Company sono lontani anni luce dai giovani e dalle difficoltà di un paese che crolla sotto i colpi di una politica cieca, che pensa solo allo spread e a sanare le banche, tagliando diritti, pensioni e welfare.
Una politica che vorrebbe distruggere l'unica cosa che di caro ci è rimasto: il sogno.
Cari giovani: 'Stay hungry, stay foolish, stay choosy'.


Il premio Donna dell'anno, storie di impegno sociale e solidarietà.


La cerimonia finale si terrà il 30 novembre ad Aosta.
Dal 1998 si mettono in luce le storie di impegno, di solidarietà e di dedizione agli obiettivi, di cui sono protagoniste assolute le donne.
'La donna dell'anno' nato appunto nel 1998 su iniziativa del Consiglio regionale della Valle d'Aosta, ha come leit motiv 'I diritti umani senza frontiere' senza demarcazione alcuna, mettendo in primo piano il ruolo della donna nella società, nella cultura, nel mondo del lavoro e della politica.
Le donne candidate sono di nazionalità diverse, estrazione sociale e cultura, sono accomunate però dal coraggio, dalla passione, dalla determinazione che solo le donne possono avere.
E' un premio che ha numerose finalità, come tutti i premi che si occupano di impegno, di solidarietà e di dedizione: celebrare la cultura d'impresa solidale tra le donne, promuovere l'istruzione al femminile per l'accesso a posti di lavoro aziendali di alto profilo, riconoscere l'impegno delle donne nelle attivita' produttive, nel turismo, nella politica, nella comunicazione e nello spettacolo.
Ma anche sensibilizzare la comunita' internazionale a intraprendere percorsi di democrazia e sviluppo, e diffondere una cultura di pace e di solidarieta', fondata sulla salvaguardia dei diritti umani, con particolare attenzione ai paesi meno privilegiati.
Ogni anno, in palio vi è un premio finale di 35.000 euro, destinati alle attività che hanno determinato la candidatura.
Premio donna dell'anno 2009
L'indonesiana Siti Musdah Mulia

Tutte queste donne in lizza sono impegnate nella difesa dei diritti umani con azioni di tutela della vita, della libertà, della sicurezza personale e dell'uguaglianza di fronte alla legge.
Donne che hanno contribuito alla liberta' di movimento e di emigrazione, all'asilo, alla nazionalita', alla proprieta', alla liberta' di pensiero, coscienza e religione, di associazione e di opinione, alla sicurezza sociale, al lavoro in condizioni giuste e favorevoli, alla liberta' sindacale e per un livello adeguato di vita e di educazione.
Donne che da ogni parte del mondo hanno contribuito allo sviluppo della cooperazione internazionale, attraverso la cultura d'impresa solidale, impegnandosi contro lo sfruttamento, la poverta' e a favore di una maggiore sostenibilita' dei paesi economicamente meno avanzati.
Donne che hanno raggiunto importanti obiettivi e apportato significative innovazioni e competenze, affermando altresi' l'identita' femminile con un alto valore professionale.
Resta un po' di suspance perché, individuare una tra le centinaia di donne impegnate in questi temi, è da ravvisare come sforzo titanico.
Basti pensare alle donne iraniane, impegnate per i diritti umani e gettate in galera senza la minima considerazione umana.
Le donne del pakistan, rinchiuse per blasfemia a Islamabad.
Le donne siriane.
Nel 1998, il premio fu della turca Leyla Zana, politico curdo imprigionata per 10 anni per il suo attivismo politico.
Nel 1999, Maria Maniscalco, sindaco di San Giuseppe Jato, rifugio del pentito Di Maggio e luogo dove trovò la morte il piccolo Giuseppe di Matteo. Nel settembre 1999 l'Amministrazione comunale di San Giuseppe Jato ha costituito una società che si dedica alla produzione di "coppole" di diverse fogge e colori. L'operazione, denominata "tanto di coppola", oltre a creare nuovi posti di lavoro, risponde all'intento di liberare il tipico copricapo siciliano dal significato mafioso che troppo spesso gli si attribuisce, per farne il simbolo della Sicilia che vuole cambiare e affrancarsi dalle cosche.
Senza nulla togliere alle alte donne premiate, tutte attive, tutte impegnate contro lo sfruttamento... ecco i nomi:
la turca Leyla Zana (1998), Maria Maniscalco (1999), Francesca Zuccari (2000), Chiara Castellani (2001), Marilena Pesaresi (2003), la belga Suor Emmanuelle Belgio (2000), la svizzera Barbara Hofmann (2002), l'afghana Joya Malalai (2004), la malawese Vera Chirwa (2005), l'argentina Natty Petrosino (2006), le israeliane Nayla Ayesh e Lily Traubmann (2007), la somala Asha Omar (2008),l'indonesiana Musdah Mulia Siti (2009),l'uzbeka Bibisara Oripova (2010), la nepalese Meena Paudel (2011) e la sudafricana Caroline Nomfundo Pilisani (2011).                                                                                         


Truman Capote e le 'Preghiere esaudite' dell'high society.
Truman Capote, visse un'infanzia terribile.
Abbandonato ad alcuni parenti dai genitori, crebbe in Alabama.
L'unica consolazione, nella sua fanciullezza, furono l'affetto della cugina e dell'amica del cuore, Harper Lee, che diventerà famosa con la pubblicazione del libro 'Il buio oltre la siepe' (To kill a mockingbird) vincitore del Premio Pulitzer, romanzo in cui appare un ritratto di Truman nel bambino Dill.
Studente molto dotato ma deriso costantemente per i suoi modi effeminati e la sua prorompente fantasia, all'età di dodici anni aveva già una conoscenza letteraria degna di un adulto colto.
Con il secondo matrimonio della madre si trasferì a New York, e per fare un dispetto ai genitori prese il cognome del patrigno: Capote.
Dopo aver scritto alcuni racconti su Harper's Bazaar e Miriam divenne un assiduo frequentatore dei salotti mondani.
A imporlo definitivamente come scrittore fu il primo romanzo 'Altre voci, altre stanze' e 'Colazione da Tiffany.
Alcolizzato, tossicomane, omosessuale, genio morì di cirrosi epatica il 25 agosto 1984.
Per anni, lavorò ad un nuovo romanzo che consegnò incompiuto 'Preghiere esaudite'.
E per questo romanzo incompiuto, il suo nome torna alla ribalta in questi giorni.
Infatti, negli archivi della New York Public Library, è stata trovata una parte inedita di Answered Prayers (Preghiere esaudite), lo stesso che lo rovinò socialmente condannandolo a vivere e morire isolato dai suoi vecchi amici.
Si tratta di sei pagine intitolate 'Yacht and Things' che Vanity Fair pubblicherà all'interno dell'edizione di dicembre.
Descrivendo lo straordinario ritrovamento si scrive che in 'Yacht and Things' il narratore è chiaramente Truman e Mrs. Williams è forse Katharine Graham, editrice del The washington Post.
Pubblicata postuma, l'opera d'ispirazione proustiana avrebbe dovuto svelare tutti i retroscena del jet set newyorkese con cui Capote, era stato, per anni, a stretto contatto.
Alla luce degli ultimi sviluppi si pensa che una parte del romanzo sia in queste sei pagine, altri che le pagine mancanti siano in possesso di quei pochi che gli rimasero accanto fino all'ultimo.
Altri ancora, giurano che il tutto si trovi in una cassetta di sicurezza, pronto a saltar fuori all'occorrenza. Lo stesso Capote, prima di morire, ha fatto più volte riferimento ad altri capitoli del romanzo, mai ritrovati.
Quel che è certo è che, complice Capote o meno, una parte di Snswered Prayers è sfuggita alla pubblicazione postuma e quest'ultimo ritrovamento ne è una prova lampante.
Per l'high society c'è di che tremare.


Tripoli Human Rights Festival all'ombra del rais.
Non è una parodia, e nemmeno vuole essere una visione farsesca di altri tipi di festival.
Per la prima volta nella storia della Libia, a Tripoli, dall'1 al 6 novembre si terrà un festival del cinema dei diritti umani: il Tripoli Human Rights Film Festival.
Saranno portati sugli schermi film e documentari internazionali per sensibilizzare la popolazione sulle sofferenze provocate dagli abusi dei diritti umani.
Sembrerebbe quasi un atto di humor nero, invece i maggiori temi proposti saranno povertà, disuguaglianze, repressione.
Se si potesse parlare goliardicamente si direbbe che assomiglia 'Al processo di Sculacciabuchi'.
Ad un anno dalla morte di Mu'ammar Gheddafi verranno affrontate, durante la rassegna, sotto forma di film, realtà che il paese ha vissuto sulla propria pelle per più di quarant'anni.
Internazionalmente ci si chiede se non sia prematuro, per la popolazione libica, propinare loro cos'è la libertà di pensiero, la libertà personale, l'uguaglianza senza discriminazione tra caste.
Parrebbe una seduta psicologica, con appunti, schemi, grafici o un insegnamento aulico da fare in fretta e in furia ad un popolo lontano da tutto ciò che è sinonimo di libertà.
Durante il festival, organizzato dal National Awareness Movement (Nam) negli spazi di un hotel del centro di Tripoli e sponsorizzato dalla Movies that Matter Foundation, sono previsti anche dibattiti sul tema e momenti dedicati ai bambini.
Chi avrà la possibilità di assistere a queste proiezioni?
Queste fondazioni verranno espanse alla popolazione tutta?
Ad un anno dalla morte di Mu'ammar Gheddafi, il 20 ottobre 2011, dopo essere stato per quarantadue anni, un mese e qualche giorno a capo della Libia come è questa Libia, ricchissima nel sottosuolo e completamente in balia di se stessa politicamente e civilmente.
Vedrei meglio una proiezione delle nefandezze perpetrate da Gheddafi e dopo ben venga 'Il Festival'.
Ma dov'era Gheddafi quel 20 ottobre?
Non era nel suo letto.
Non era in una delle stanze delle sue dimore, il cui arredamento ultrakitsch è stato rivelato da fotografie successive alla sua uccisione.
Non era sotto la tenda beduina che amava farsi concedere di piantare qua e là in giro per il mondo, come una strafottente bandierina.
Era braccato, in fuga.
Smarrito come uno delle migliaia di clandestini dell'Africa subsahariana che periodicamente affollano le spiagge della Libia in cerca di un'imbarcazione che li porti in Europa.
Qualche settimana prima dell'anniversario della caduta del rais di Tripoli, l'Abbasso al tiranno! postumo si è arricchito di un nuovo tassello, il libro 'Les proies. Dans le harem de Kadhafi' ('Le prede. Nell'harem di Gheddafi'), pubblicato in Francia dall'editore Grasset.
Un'inchiesta che non contribuisce certo a una rapida damnatio memoriae del satrapo libico quanto piuttosto ad arricchirne la leggenda nera.
Nera senz'altro, leggenda mica tanto se si ascolta l'autrice del volume, l'inviata di Le Monde Annick Cojean.
Dal libro emerge la figura di uno stupratore seriale di ragazze e ragazzi, scelti con una carezza sulla testa durante la visita in una scuola, oppure individuati nel corso di irruzioni da imbucato eccellente, e in ogni caso impossibile da respingere, in cerimonie matrimoniali, oppure ancora procacciati da emissari preposti alla soddisfazione del desiderio del despota di umiliare sessualmente le sue vittime.
Tre, quattro, cinque volte al giorno, Gheddafi, secondo quanto viene raccontato nel libro, era solito riproporre in privato, nei sotterrannei dei suoi palazzi, un'ancor più sordida replica del suo spadroneggiare pubblico.
In una proiettività delirante delle sue violenze, specie nei mesi della rivolta popolare contro il suo regime, il colonnello avrebbe sollecitato i suoi uomini a comportarsi come lui, utilizzando lo stupro come arma più affilata contro gli insorti.
Lo scenario tratteggiato dalle testimonianze raccolte dalla giornalista francese Cojean infligge un'ulteriore pennellata del colore del sangue sulla biografia del rais libico.
Già prima della rivolta che ha causato la sua caduta con un non irrilevante "aiutino" militare fornito dall'Occidente e da altri paesi arabi, Gheddafi fu considerato a lungo un arcicattivo.
Finanziatore di Settembre Nero, organizzazione responsabile della strage alle Olimpiadi di Monaco del 1972, nonché del Consiglio Rivoluzionario al-Fath guidato da Abu Nidal, a cui si attribuiscono decine di azioni armate tra cui gli attacchi agli aeroporti di Vienna e Fiumicino del 1985.
Fornitore di logistica e teatri di addestramento per numerose organizzazioni terroristiche arabe ed europee.Mandante dell'attentato aereo di Lockerbie che nel 1988 fece 270 vittime.
Il colonnello accumulò di tutto nel suo torbido palmarès.
E nel 1986 fu anche destinatario di un bombardamento sul territorio libico da parte dell'America di Ronald Reagan.
Eppure, dopo l'affacciarsi dell'estremismo islamista targato al Qaida, Gheddafi aveva riconquistato un ruolo di amico dell'Occidente.
Nella sua nuova veste di moderato, capace di fare argine davanti al dilagare del fanatismo religioso armato, di smantellare mansuetamente il proprio programma nucleare, di assumersi le responsabilità dell'attentato di Lockerbie, Gheddafi riconquistò l'accesso verso le diplomazie occidentali, verso i leader europei e verso le capitali, tra cui Roma ma anche Parigi, che visitava con seguiti da kolossal hollywodiano in costume e scenografie pompier.
Dopo essere stato per anni in cima alla black-list, al rais libico per una stagione non brevissima fu accordato nuovo credito, con la bonomia che si riserva allo zio strambo d'Oltremare che si veste in modo eccentrico, rintrona gli interlocutori con una confusa logorrea e ama la sparata paradossale. 
In quel periodo lontano soltanto pochi anni, Gheddafi ormai non era più collocato sul podio dei nemici dell'Occidente (e del proprio popolo), ma era considerato tutt'al più come un briccone, una vecchia volpe, una lenza, un maramaldo del palcoscenico globale, un ex despota un po' bollito ormai più incline ad acconciarsi una zazzera ormai diradata, a indossare occhiali da sole da postsbornia, e a scegliere mises stravaganti che non a opprimere i libici.
Poi, dopo lo scoppio della Primavera araba a cui per ora è seguita un'estate dal sole incerto che è comunque pur sempre meglio dell'inverno, il colonnello tornò a risalire con grande rapidità la lista dei tiranni da abbattere.
E fu abbattuto.
E ora, dopo l'uscita del libro di Annick Cojean, anche le fotografie delle celebri "amazzoni" della sua guardia del corpo, che avevano fatto addirittura pensare a una bizzarra forma di femminismo gheddafiano e avevano fornito materiale a molti articoli di costume, assumono una tinta livida che ricorda una sorta di "Salò" pasoliniano girato a Tripoli.




Le lapidazioni in Iran e in molti paesi islamici



Cercando nei dizionari, anche i più autorevoli, 'la barbarie' viene considerata una condizione di vita caratterizzata da un grado infimo di civiltà e cultura e dal prevalere della forza sulla ragione, e quindi estranea o contraria al nostro modo di concepire e organizzare l'esistenza.
Difficile astrarre il concetto di 'nostro modo' e questo modus operandi non si può applicare al genere umano così, indiscriminatamente.
Si deve sezionare questa parte in mille frammenti e approdare alla 'cultura' di appartenenza del soggetto che si macchia di una o mille barbarie, appunto.
Uno studio sull'antropologia rivela che la barbarie ha intrinseco in sé il senso di involuto, primitivo. Ma nulla dice sul concetto di vedere tali azioni efferate in una condizione di diversità.
Cercando "Barbarie" su Google scopriamo che questa parola viene associata all'Olocausto come all'Operazione Piombo Fuso (Israele vs palestinesi), alla pena di morte, all'infibulazione, alla pedofilia, all'aborto e alla negazione dei diritti delle donne, e indistintamente al testamento biologico e alle leggi che lo impediscono.
Un significato molto relativo per un termine che fa accapponare la pelle, ha assunto negli ultimi anni un ruolo predominante su molte cose che barbarie non sono e che potremmo definire con altri termini.
Poche righe fa, ho citato barbarie inenarrabili, forme di inciviltà, abusi...
E tutto ciò che è violenza allo stato puro, ci conduce in un pozzo in cui soffochiamo solo di grandi parole che comprimono l'aria, senza pensare a chi, nel 2012 subisce queste viltà, queste forre orribili con una spietatezza che non ha dell'umano.
Nel buio di queste bestialità, tra le tante nefandezze, salta agli occhi la notizia che quattro donne iraniane sarebbero state lapidate a Teheran su ordine della 'magistratura'.
Una notizia che fa, dei diritti umani, carta straccia.
A noi uomini e donne, di un mondo che definiamo moderno, risulta difficile credere che ci sia stato un processo e che la sentenza sia stata una condanna alla lapidazione.
Questo è oscurantismo.
La ferocia di questa sentenza è dovuta al fatto che le donne si sono macchiate di un reato a dir poco empio, sono state riconosciute colpevoli di 'aver avuto relazioni sessuali illecite'.
Ora, al di là che nessuno consuma una relazione sessuale senza partner, ancora una volta l'untrice è la donna, la peccatrice sempre lei, che seduce, ammalia, fa impazzire l'uomo.
Quattro donne, di cui non si conoscono i nomi, quattro donne torturate, prima di essere date a chi le avrebbe massacrate a colpi di pietre.
Per morire, di lapidazione, se non c'è un accanimento pauroso, ci vuole più di mezz'ora di strazio e ferocia da parte di una folla impazzita e incattivita, non si capisce bene da cosa.
Verrebbe da dire, anche se il senso della Pietas non lo concederebbe, che le esecuzioni fatte con i kalashnikov, sono immediate, alla stregua di una fucilazione.
Perché anche questo succede in questi paesi timorati di dio.
Non mi passa nemmeno per la testa di soffermarmi sul discorso religioso, ma mi chiedo, quale dio vuole la morte dei suoi figli?
Non ne ho risposta, ma nemmeno chi commina la pena capitale per 'adulterio' e 'omosessualità femminile'.
Sembra che qualche illuminato, voglia eliminare dal codice 'civile' la lapidazione, e tradurla in forme di punizione più conforme agli usi e ai costumi della 'civiltà' iraniana.
Staremo a vedere, ma fa sorridere che si dia il nome codice civile ad una accozzaglia di barbarie perpetrate sempre ai danni delle donne.
E il mondo intero tace. 


Mo Yan premio Nobel alla letteratura 2012
Qual è la valenza di un premio tra i più ricercati e ambiti?
Non si capisce più.
'Il premio Nobel è un'onorificenza di valore mondiale, attribuita annualmente a persone che si sono distinte nei diversi campi dello scibile, «apportando considerevoli benefici all'umanità», per le loro ricerche, scoperte ed invenzioni, per l'opera letteraria, per l'impegno in favore della pace mondiale'.
'I premi Nobel nelle specifiche discipline (fisica, chimica, medicina, letteratura, economia) sono comunemente ritenuti i più prestigiosi assegnabili in tali campi. Anche il premio Nobel per la pace conferisce grande prestigio; tuttavia, per l'opinabilità delle valutazioni politiche, la sua assegnazione è stata qualche volta accompagnata da accese polemiche'.
Quanti premi nobel sono stati assegnati negli anni, a partire dal lontanissimo 1902, assolutamente immeritati e privi di fondamento valido.
Se ne dovrebbero scrivere pagine e pagine, argomentandole con le più elementari critiche.
Il premio nobel alla letteratura 2012 è stato consegnato a Mo Yan pseudonimo letterario di Guan Moye.
L'autore, è diventato famoso in occidente grazie al romanzo 'Sorgo rosso'.
Nella motivazione del giudici della Reale Accademia di Scienza Svedese si legge che l'autore 'con il suo realismo allucinatorio forgia racconti popolari, di storia e contemporanei'.
Il primo scrittore di nazionalità cinese a vincere il prestigioso riconoscimento.
In realtà il nobel per la letteratura era già stato vinto da Gao Xingjian, che però ha nazionalità francese.
Noto per opere come Sorgo Rosso, Grande seno, fianchi larghi, Il supplizio del legno di sandalo e Le sei reincarnazioni di Ximen Nao, lo scrittore cinese, classe 1955, è originario del villaggio di Gaomi, nello Shandong, che ha fatto da scenario suggestivo ad alcuni dei suoi romanzi.
E proprio l’unione tra realismo e capacità di immaginazione sono le cause del suo successo internazionale.
Mo Yan – nome d’arte che significa “colui che non parla” – alla vigilia era dato in leggero svantaggio rispetto al giapponese Murakami dagli stessi commentatori cinesi, che ritenevano poco probabile l’assegnazione del premio a uno scrittore che a livello internazionale e internamente, dagli attivisti locale, è stato spesso criticato per la sua vicinanza al potere prestabilito, nonostante alcune delle pagine più brillanti dei suoi libri, come ad esempio quelle di Ximen Nao, siano fantastiche allegorie del potere, con un chiaro riferimento a quello comunista post rivoluzionario.
 Più che vicinanza si può sostenere che Mo Yan (che ha saputo dipingere come pochi la Cina rurale, senza mai perdere di vista la capacità immaginifica del popolo cinese) non ha mai preso le distanze dal governo pechinese: è infatti vice-presidente della controversa associazione degli scrittori cinesi sostenuta dal governo, si è ritirato dalla Fiera del Libro di Francoforte nel 2009 per protestare contro la presenza di scrittori cinesi dissidenti, tra cui Dai Qing e Bei Ling. 
Recentemente è stato preso di mira per aver aderito ai cento scrittori e artisti continentali che hanno commemorato Il discorso del 1942 di Mao Zedong - un insieme di dottrine che hanno dato forma alla letteratura nei primi anni del potere del partito comunista.
Come ha specificato un quotidiano di Hong Kong nei giorni che hanno preceduto l’assegnazione del premio, 'l’atteggiamento di Mo Yan verso il vivere come scrittore in Cina può essere paragonato al punto di vista di un personaggio chiamato la Quarta zia del suo romanzo, Le ballate dell’aglio'.
Nell’immediatezza del premio su Weibo, il Twitter cinese, sono partiti i commenti sulla vittoria di Mo Yan, registrando un’accoglienza tiepida, quando non contraria, da parte di alcuni attivisti.
Come ha sottolineato uno di loro, 'oggi abbiamo capito cosa serve per vincere un Nobel in Cina: non parlare', facendo riferimento allo pseudonimo dello scrittore.
C’è anche chi vede un intento riparatore da parte del Nobel, nei confronti della Cina: due anni fa a vincere il premio per la pace era stato Liu Xiaobo, dissidente cinese in carcere e impossibilitato a ritirare il premio.
La Cina reagì in modo energico, boicottando il commercio (di salmone) con la Norvegia e chiedendo scuse internazionali.
Il premio a Mo Yan, secondo molti, sarebbe riparatore di quello smacco internazionale ai danni della Cina.
Ora Mo Yan si troverà ora con la luce dei riflettori puntata addosso e con la nostra curiosità di ascoltare le parole di 'chi non vuole parlare'.
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La Nissan sta progettando un auto con i sedili di pelle umana

Non so se la notizia ha più del raccapricciante o del cattivo gusto da barzelletta mediocre, sta di fatto che dalla Nissan sembrano uscire notizie riguardanti la nuova composizione del materiale dei sedili, notizia non propriamente consona ad una casa automobilistica.
Oramai si ride di tutto, si esecra qualsiasi argomento, non si ha rispetto della dignità umana, si profanano cose e persone senza il minimo di sensibilità e anche questa news ha dell'incredibil-macabro.
E' di questi giorni la notizia che la Nissan sta progettando auto con interni di pelle 'umana'.
Visto il periodo e l'incombente festa di Halloween ci si augura sia una specie di 'dolcetto o scherzetto' ma i toni con cui viene riportata la notizia, dà poco spazio all'immaginazione mentre induce a volerne sapere di più.
I rumors sono pochi e frammentari, si intuisce solo una nota di puerile volontà di esasperare la realtà quotidiana per fare audience, per essere letti, per pubblicizzare in qualsiasi modo e a qualunque costo.
'Un auto con interni di pelle umana' dichiarano gli ingegneri della Nissan, sarebbe il massimo del comfort e la percezione di maggiore lusso si avrebbe quando il materiale ha caratteristiche esattamente identiche alla pelle che lo tocca.
Scorrendo in fretta e furia i trafiletti che riguardano questo annuncio ravvisiamo finalmente che la cosa è un pochino diversa.
Nessuno vuole scuoiare le persone, ma si preannuncia lo sforzo della casa automobilistica nel cercare di ricreare lo stesso materiale artificiale della pelle umana, che somigli quanto più possibile in fatto di elasticità, morbidezza, calore, ma anche texture ed in particolare alla mano: del resto si dice che tenere per mano una persona è una delle cose che dona maggiore benessere.
Un compito non impossibile visto che, già gli attuali rivestimenti in pelle, sono in realtà materiale plastico che somiglia alla pelle.
Possiamo dormire il sonno del giusto fino a qualche notizia, magari ancora più sconvolgente di questa, che sembrava essere la bufala del secolo ma che si rivela invece uno 'spot' per pubblicizzare una casa automobilistica.
Sappiamo bene che 'la pubblicità è l'anima del commercio' e pur sembrando uno slogan datato, racconta invece una verità che si dimostra sempre più accattivante.
Tutto ciò che viene messo in vendita sul mercato dalle più conosciute marche ai più oscuri commercianti, riscuote successo e gradimento da parte dei consumatori senza l'aiutino di una adeguata campagna pubblicitaria.
Chi si occupa di marketing sa bene come 'interessare', questi 'creativi' coniano slogan, impostano un'etichetta, una confezione, un'immagine.
Ma il creativo che ha titolato 'la Nissan sta progettando interni di pelle umana' ha proprio il gusto dell'orrido, un cattivo gusto senza freni.
E ciò che sembra estremamente strano è che la stragrande maggioranza degli intervistati, riguardo le caratteristiche di questi interni, troverebbero la cosa di loro gradimento.
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Premio Nacional de Narrativa, Marías rifiuta il premio.


Una notizia come questa dovrebbe propagarsi come una fiammata nell'Europa frastornata dalla politica a tutto campo e dell'usura torpida e continuata della cultura.
Il vecchio continente non ha mai annoverato uno scrittore, chi si rifiutasse di ricevere un premio.
Marías, ha rifiutato, a Madrid, il Premio Nacional.
Le motivazioni di questo suo rifiuto sono da ricercare nei tagli alla cultura, lo stesso Marías ha
etichettato la sua scelta 'per non sentirsi un mascalzone senza parola'.
Vuole rimanere coerente, visto che ognuno è libero di scegliere per se stesso, per la propria linea di condotta nella vita, nella politica e nella coscienza.
Chi critica il potere e poi ne trae vantaggi non è affatto in linea con il proprio pensiero, prosegue lo scrittore.
E Javier Marías, ieri, ha rifiutato il Premio Nacional de Narrativa per gli enormi tagli che il governo ha sancito nei riguardi dell'unica cosa che tiene insieme la Spagna: la cultura.
Non si è limitato a questo sorprendente rifiuto, ma ha convocato una conferenza stampa trasmessa addirittura in streaming sul sito del País per spiegare le sue ragioni.
Si dice che abbia avuto toni moderati, più di quelli che è solito usare, uomo spesso dall'animo infuocato nelle sue decisioni eclatanti e nelle sue espressioni forti e colorite.
Ventimila euro che rimarranno nelle casse dello stato. Questo gesto ha una sua grandezza, è innegabile, anche perché pochi, prima di lui, sono stati capaci di tanto.
Ricordiamo Doris Lessing, nata in Rhodesia, rifiutò il titolo di Dame Commander of the British Empire perché affermò di avere fatto il suo meglio per distruggere questo impero, nel suo piccolo. Sarebbe stata una contraddizione in piena regola.
Ma Marías? Un uomo di cultura che non mette le scale di seta quando parla. Di Zapatero disse che si fa prendere dal panico ogni volta che vedeva un vescovo e che lo riempiva di banconote per potersi calmare, banconote ovviamente dei contribuenti.
Di Rajoy ha scritto che sembra la controfigura del presidente del consiglio, un uomo senza idee, senza forza, senza capacità di entusiasmare la gente e di suscitare in loro speranze.
Pochi giorni fa, alla presentazione di un libro di racconti intitolato 'Mala indole' ha dichiarato ' i tagli alla cultura mettono sullo stesso piano il Partido popular di Rajoy e il franchismo'.
Motivi personali, politici e di natura storica nel suo rifiuto.
Attaccando così direttamente le istituzioni elargenti il premio, Marías, ha quasi dovuto rifiutarlo, anche se per sua stessa ammissione non avrebbe accettato nemmeno se il governo fosse stato socialista.
Decisioni prese nel lontano 1995: né premi né inviti da parte dello stato, da altri paesi potrebbe essere stato diverso.
Conclude dicendo che sarebbe opportuno che il ministero usi i soldi del premio per le biblioteche pubbliche che nel 2013 avranno un budget pari a zero euro.
Scandalo che non capisce e non accetta.
Uomo mentalmente poderoso, in linea con il suo pensiero e con le sue convinzioni, ci auguriamo di trovarne molti altri altri che non si soffermano all'apparenza della festa e del denaro ma che sappiano scartare a priori riconoscimenti che vanno contro la situazione storico- culturale del momento. 


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La Grecia sussurra all'Europa.

Mercoledì 31 ottobre a Bruxelles si terrà la riunione dei ministri delle Finanze dell'eurozona sulla Grecia.
Lo ha confermato il portavoce Guy Schuller, mentre non si è ancora arrivati ad un accordo all'interno del governo greco e tra Atene e la troika (Fmi, Ue e Bce) sui tagli da 13, 5 miliardi per il 2013/14 necessari per ottenere lo sblocco della tranche di aiuti da 31,5 miliardi.
Il premier Samaras si rivolge ai socialisti e ai moderati di sinistra con toni decisamente pacati.
Invita tutti ad appoggiare le riforme del mercato del lavoro a partire dalla troyca.
Il leader della componente socialista del Governo, Evangelos Venizelos, dal canto suo conferma che la comunità internazionale dovrebbe garantire una 'soluzione globale e definitiva' della crisi del debito greco.
Nuove misure di austerità quindi attendono la Grecia, sempre Samaras insiste sul fatto che è 'la discordia' l'unico nemico che ci può battere.
E promette che entro 10 anni la nazione tornerà più forte e migliore di oggi.
Non sembra dello stesso avviso il presidente Carlos Papoulias, affermando che il popolo greco ha già dato tutto per riuscire ad uscire dalla crisi, spiegando che la ripresa deve avvenire immediatamente.
Inoltre lo stesso Papoulias si sente ottimista sul fatto che la crisi stia volgendo al termine.
Sembra una Grecia abbastanza disgregata al suo interno, cominciando dai partiti politici che avversano le decisioni dell'europarlamento, dal premier Samaras che chiede unità e il presidente che vive di miraggi.
Infatti ecco spuntare il miraggio dei 'facili guadagni' ma per altre genti.
I bond greci tornano ad essere un 'investimento valido'.
Gli hedge fund americani si schierano in prima linea per speculare sul corposo debito pubblico ellenico da 200 miliardi di euro in bond, tradotti in titoli da 60 miliardi, e ricontrattati su scadenze più lunghe.
A verifica di una previsione su lungo termine abbiamo il prezzo delle vendite delle obbligazioni dello scorso giugno, in concomitanza con le elezioni parlamentari greche, che ammontavano a 12 centesimi di euro.
Nell'arco temporale di questi mesi si è portato a 24 centesimi per bond.
La mossa è rischiosa, ma potenzialmente redditizia, anche se la Grecia decidesse di uscire dall'area euro, con i bond che varrebbero dai 30 ai 40 centesimi di euro ciascuno.
Sembra di capire che l'Europa viaggi tutta su una barca che alza e ammaina la bandiera a seconda di qualsiasi minimo segnale di ripresa o di indebitamento ulteriore.
Un'altalena che vede un popolo che prima va su e poi giù e poi di nuovo torna su.
E' una lotta furibonda per non soccombere ai debiti ma anche un rischio di proporzioni disumane, ossia lasciare dei popoli con l'acqua alla gola, tagliati fuori da qualsiasi riconoscimento di pregio e senza una visione per il futuro.
Sembra di tornare ad un'Europa da dopoguerra, affamata, umiliata, in cerca di rivalsa e non 'lo stato' unitario che ci si era prefissati nella mente: l'eurozona, appunto.  
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Si avvicinano le primarie e si riparte da Berlusconi.
Chi vorrebbe capire cosa sta succedendo in Italia?
Un'Italia sulla bocca di tutti, italiani e non.
Le notizie sulla politica, occupano gran parte della scena e dominano su tutto il resto, non rimane che poco spazio per l'informazione quotidiana, sia nei telegiornali, sia nell' web.
Ci troviamo subissati da comizi a cominciare dal più sconvolgente di tutti: Berlusconi dichiara di non volersi ricandidare ma chiarisce anche, di voler rimanere in politica.
Infatti, il perché si capisce subito, dopo la condanna a quattro anni per il caso Ruby, l'ex premier palesa la sua volontà di sfiduciare il governo Monti, responsabile, secondo Berlusconi, della spirale recessiva interminabile.
Rincara la dose con dichiarazioni altisonanti.
L'Italia sarebbe in un regime di dittatura e non una democrazia.
Ecco quindi il suo impegno nella politica, un'azione per la riforma della giustizia in Italia.
Per quanto riguarda il Monti bis, Berlusconi afferma che sarà valutata nei prossimi giorni la fiducia ma che sicuramente 'il prossimo premier tramite elezioni, non per chiamata'.
La Fornero, da Stresa, spera che nel linguaggio elettorale, gli obiettivi facciano premio sui vincoli, ma che i politici 'seri' sappiano che gli obiettivi si raggiungono solo tenendo conto dei vincoli di debito.
Si ritiene dispiaciuta per chi sta ventilando l'ipotesi di smontare il lavoro che l'esecutivo sta portando avanti, perché, afferma la Fornero, le riforme non nascono da presupposti ideologici, ma su analisi il più possibile oggettive dei problemi e di come tentare di costruire risposte razionali e di sensibilità sociale con il riconoscimento dei gravi vincoli finanziari.

E poi la parata degli altri politici e l'accanimento di tutti contro tutti.
Come sempre succede in questa Italia che di politici veri ne ha pochi, invece ha molti chiaccheroni che usano il palco per denigrarsi uno con l'altro.
E tutto ciò è intollerabile a pochi mesi dalle primarie.
Quando cominceremo a sentire delle linee guida serie sul futuro dell'Italia?
Poche promesse ma tanti fatti.
Chi è al Governo vuol scrivere una storia fatta sulla carta, senza considerare che dietro le decisioni c'è un popolo.
Chi andrà al Governo che cosa sarà capace di fare nell'ambito di un mondo di proporzioni bibliche quant'è portare avanti a 360° gradi tutta la società, cominciando da chi ha bisogno di aiuti via via fino ad arrivare a chi ha necessita di essere punito perché un evasore fuorilegge?
Intanto camminiamo sui soliti carboni ardenti dell'insicurezza e del declino che poggia sulle spalle di tutti noi italiani lavoratori.
Italiani tacciati con vari nomi e nomignoli, come se al Governo si potessero dare lezioni di moralismo ed etica.
Fannulloni, bamboccioni. Ci si chiede da che pulpito vengano queste prediche visto che questi Frà Girolamo sono i primi a predicare bene e razzolare male.
Il primo lavoro dei politici sarebbe quello di de-castizzare il loro ruolo, sono cittadini comuni, eletti per volere del popolo e il popolo non li vuol certo vedere ammantati di privilegi assurdi.
Darebbero il primo segnale di credibilità.
Ai posteri...
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Legge di stabilità: intaccato il welfare.

Anche il Senato della Repubblica ha confermato il sì, lo voglio. Dopo il voto favorevole della Camera il testo del decreto legge spending rewiew è da considerarsi cosa fatta.
Un annuncio vecchio, questo, risale ai primi di agosto quando i bocconi da inghiottire dei cittadini italiani erano già amari.
Ora, tra le tante cose che vengono intaccate appare anche il welfare.
Si poteva ammettere tutto, si poteva inghiottire questo fiele e continuare con i tagli, i più impensabili, i più incredibili.
A costo di apparire populista, tutto mi sarei aspettata ma non che si arrivasse a intaccare il welfare. L'ultimo atto, l'ultima mossa? L'andare a rubare in chiesa?
Cosa copre l'area del welfare nel nostro paese? Asili nido, servizi educativi e di assistenza ai minori, programmi di cura dei disabili, riabilitazione e inserimento lavorativo di persone svantaggiate, centri diurni e notturni contro il disagio sociale e la povertà.
Cinque milioni di cittadini serviti e 340mila addetti, con un segno positivo sulla dinamica occupazionale di questo pessimo 2012, grazie al carattere anticiclico delle attività prestate e alla loro natura labour intensive.
Su questo mondo incombe un'incognita colossale, ossia l'aumento dell'iva dal 4 al 10% sulle prestazioni socio-sanitarie ed educative svolte nelle cooperative sociali.
Lo prevede la legge di stabilità che il Governo ha consegnato alle Camere per l'iter parlamentare.
Una sciabolata al welfare e alle imprese del privato sociale.
Non parliamo di noccioline ma di ben 510 milioni di euro, a carico della Pubblica amministrazione.
La galassia delle oltre diecimila coop sociali parla tramite Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà e portavoce dell'Alleanza delle cooperative sociali: - Gli enti locali devono già fare i conti con la spending rewiew- se si sommano i tagli del 5% per l'anno scorso e del 10% per il 2013 all'ulteriore aggravio del 6% di Iva è semplicissimo capire come la scure calerà sui servizi e come l'intero comparto sia condannato a finire fuori mercato.
Ma il Governo ha necessità di di incrementare le entrate e recuperare il gettito.
Secondo Elsa Fornero c'è di che vergognarsi visto che l'aliquota alle coop sociali è agevolata, inoltre c'è una direttiva europea a cui dare attuazione.
Ovviamente Guerini controbatte dichiarando che il taglio ai servizi vanificherà le attese di maggior gettito, anzi il bottino iva non solo non crescerà, ma calerà a picco.
In quanto alle richieste Ue, non vi è alcuna procedura di infrazione, ma solo quello che si chiama 'pilot', una preistruttoria tecnica di informazione e dialogo.
L'Italia è attualmente oggetto di ben 200 procedure di infrazione, a molte delle quali il Governo non ha dato seguito.
Per sfuggire a questo salasso le coop si potrebbero trasformare in onlus, ma, ribadisce Guerini, questo va evitato se non si vuole confinare il non profit ad un'area marginale.
Mentre tutto il settore sta dimostrando capacità imprenditoriali in grado di sostenere e riformare il welfare.
Con questo Governo, ogni giorno è un'avventura.
Beato chi arriverà a vedere la fine della storiella, ancora con la pancia piena e propositi pacifici.
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Il Governo, proprio ieri, è stato costretto a rivedere le garanzie per gli esodati.
Anche se Monti ha dovuto da sottolineare che, chiunque vinca le elezioni, dovrà tenere conto degli accordi già prestabiliti con l'Ue.
Ma chi sono questi 'esodati' di cui si sente spesso parlare?
Sono definiti anche 'lavoratori nel limbo'.
Sono una conseguenza della riforma delle pensioni attuata dal Governo Monti, che ha spostato in avanti l'età per ritirarsi dal mondo del lavoro, lasciando moltissime persone in una situazione drammatica: disoccupati, senza la possibilità di ricevere l'assegno mensile guadagnato con anni di contributi versati regolarmente.
Assegno mensile chiamato anche pensione, si sottolinea perché è una parola destinata al dimenticatoio.
Attenzione a non pensare che queste persone siano stati degli sciocchi, degli irresponsabili.
Prossimi alla pensione, hanno deciso di lasciare il lavoro dietro una corresponsione da parte della propria azienda di una buonuscita-ponte, firmando il licenziamento o accettando di essere messi in mobilità (esodati= esodo volontario).
Si arriva ad ipotizzare che gli esodati possano essere 350 mila.

Tornando alle garanzie per questo popolo è stato aggiunto un emendamento per ampliare le garanzie, pur con parere contrario del governo.
Il governo ha avuto toni di rimprovero, ma la proposta di modifica, firmata da Silvano Moffa, è stata sottoscritta da tutti i capigruppo in Commissione.
La proposta, che dovrà passare al vaglio della Commissione Bilancio, prevede tra le coperture anche un contributo di 'solidarietà' del 3% per la parte di reddito che supera l'asticella dei 150mila euro.
Il parere contrario dell'esecutivo era legato a ragioni di copertura finanziaria, infatti.
L'emendamento vuole salvaguardare, nel biennio 2013/14, coloro che sono rimasti senza stipendio e senza pensione per effetto della riforma pensionistica, quelle persone appunto chiamate 'esodati' o 'tagliolati'.
Inoltre, questo emendamento vorrebbe regolamentare e definire un fondo per gli esodati con lo stanziamento di un deposito di 100 milioni di euro previsto nella legge di stabilità e già individuati con precedenti decreti.
Un'ulteriore somma , individuabile sulla base di un contributo di solidarietà una tantum riguardante gli alti livelli di reddito, e pensionistico nella quota parte in cui superano un determinato tetto.
Secondo Moffa, il lavoro svolto dalla Commissione è stato estremamente responsabile e si auspica che il Governo, dalla voce del Presidente del Consiglio Monti, riesca finalmente a far quadrare il problema degli esodati.  
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Femmicidio, femminicidio, siamo tutte Olympe de Gouges

Anna Maria Mozzoni, Anna Kuliscioff, prima ancora Olympe de Gouges donne antesignane del movimento femminista. 
Martire, la De Gouges, ghigliottinata per le sue idee 'rivoluzionarie' per l'epoca. 
Siamo nel 1791 quando la De Gouges scrive 'la dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina'. 
Siamo nel 2012 a quota 100 femmicidi. 
L'ultimo, in ordine cronologico, si è consumato il 20 settembre ai danni di una 17enne, un'adolescente, una nostra figlia. 
E' morta per altruismo, è morta per salvare la sorella dalla furia omicida di un 22enne. 
Il suo obiettivo non era lei, ma la sorella Lucia, appena 18enne rea di aver detto basta al primo amore, forse. 
Carmela ha fatto scudo a Lucia, questa piccola eroina decisa a difendere a tutti i costi la sorella. 
Ed è riuscita a salvarla a discapito della sua giovane vita, è morta tra le braccia di Lucia che, ancora sanguinante, ha chiamato la polizia, ha fatto il nome dell'assassino. E adesso?
L'Italia tutta ha perso una giovane vita, un virgulto che doveva crescere e mettere frutti. 
Compaiono delle statistiche raccapriccianti, viene uccisa una donna in Italia, ogni due giorni.
Le statistiche non hanno senso, non sarebbero nemmeno da rendere pubbliche.
Anche solo una donna, uccisa così, per ignoranza, per falsi tabù, per onore, sarebbe troppo.
Parliamo di nuovo di 'breaking news' notizie dell'ultima ora che lasciano poco spazio alla pietas.
Dà una vitalità all'audience televisiva e radiofonica e poi di nuovo tutto si spegne, 'the show must go on'.


Indignate, esasperate, a volte impotenti le donne delle associazioni, le femministe, qualche politico.
Qualche, sì, perché proprio il 20 settembre, giorno in cui nell'aula del Parlamento si apriva una seduta con, a ordine del giorno la violenza sulle donne, cos'hanno fatto i nostri legislatori?
Rosi Mauro aveva da prendere un volo da Fiumicino, mentre il Presidente di turno, Domenico Nania era inspiegabilmente in ritardo.
Un'aula parlamentare senza presidente e la seduta è sospesa. 
Che vergogna, che imbarazzo per un paese che è indietro anni luce rispetto a molti paesi europei. 
Un paese nel quale ancora si giustizia sommariamente una donna per motivi legati alla sessualità, alla sfera affettiva.
Siamo tutte Olympe de Gouges, rivendichiamo il diritto alla vita, ad una vita serena.
Denunciamo tutti i soprusi, tutti quanti, dal mobbing, allo stalking, agli stupri.
Troppe donne colpite da femminicidio, ancora tacciono, impaurite dalla vergogna, prostrate dal bisogno di un lavoro.
E tutto tace, a cominciare dall'alto.
Parliamo noi, noi donne, noi madri, noi amiche e compagne. 
Parliamo ai nostri figli, educhiamoli al rispetto.
Parliamo a chi fa spallucce, il mondo gira e nessuno di noi può ritenersi immune dalle violenze.
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Il cuore ha memoria del passato?

Una ragazza trapiantata con il cuore di un'altra adolescente, morta assassinata, ha iniziato a percepire sensazioni strane, che non le appartenevano. 
Un modo di vestire diverso, colori che non le piacevano, tutto questo sembra essere frutto del cuore dell'adolescente. 
Che avesse la capacità di ricordare era un' ipotesi suggestiva, formulata già 15 anni fa. Ora si aveva la prova evidente. 
Il cuore è come il cervello. Ha memoria, registra gli episodi più caratteristici del suo pulsare. Non quelli insignificanti, secondari.
La capacità mnemonica del muscolo della vita è stata dimostrata per la prima volta dopo tanti anni di ricerche dall'americano Michael Rosen. 
E' strabiliante pensare che un muscolo possa 'ricordare'. Eppure gli eventi che hanno portato questa ragazza statunitense a sentire e percepire sensazioni nuove e diverse è stato dimostrato dal fatto che è riuscita a far arrestare e processare l'assassino della donatrice. Entusiasmante l'odissea della ragazza salvata da un cuore giovane che ancora batteva nel petto di un'altra adolescente uccisa a colpi di pistola. 
Subito dopo l'intervento, riuscito benissimo, la ragazza ebbe dei tempi di ripresa molto brevi. Già questo fatto, alla luce della sua precedente malattia, mise in subbuglio l'equipe medica. 


Ma le emozioni più importanti le ebbero i familiari che stentavano, a volte, a riconoscere la figlia, la nipote. 
Aveva modificato alcuni gusti per quanto riguardava il cibo, cose che una volta non avrebbe nemmeno assaggiato, ora le piacevano e le mangiava di gusto. Anche nel campo dell'abbigliamento le modifiche furono sostanziali. 
Da questo il passo alla ricerca della donatrice fu breve. Scoprì così, di avere gli stessi gusti per il cibo, per i vestiti e per i colori della ragazza prematuramente scomparsa. 
Ma la meraviglia furono i ricordi, all'inizio pochi e stentati, ma dopo un po' di tempo, prendendo dimestichezza con questa nuova realtà, la ragazza si studiò profondamente e cominciò ad avvertire immagini nitide. 
Le stesse immagini la portarono piano piano a riaprire il caso di omicidio e nell'arco di breve tempo a scoprire tracce sempre più evidenti fino alla cattura dell'assassino. 
Due donne in un solo cuore. 
E c'è chi dice che è solo un muscolo. 
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Tagli nuovi su stipendi ridicoli e vecchi.

Se ne va anche l'indennità di vacanza contrattuale, quindi per gli anni 2013 e 2014 si farà a meno dei 15 euro, circa, che di certo non arricchivano ma, nel mucchietto, anche loro avevano un certo qual peso. Ma cos'è questa vacanza contrattuale?
Il nome già ne definisce uno stralcio.
In termini non burocratici, è un elemento provvisorio della retribuzione che ha la finalità di tutelare i lavoratori in caso di ritardi nella stipula dei contratti. 
Quindi viene tolto un emolumento dallo stipendio, considerando che lo stesso è bloccato da circa 6 anni. E' un durissimo colpo per i dipendenti pubblici che si trovano a fare i conti con gli stipendi più bassi di tutta Europa, nella considerazione dello stesso monte ore lavorative.
Tutto questo, ovviamente, avrà delle ricadute sulle pensioni e sul tfr. 
Ma non guardiamo troppo avanti, fermiamoci a soppesare ciò che sta facendo il governo a quella che, fino a poco tempo fa, era chiamata una lobby. 
Le sforbiciate, su tutto ciò che è il comparto pubblico, sono iniziate e continueranno su due settori che fondamentalmente dovrebbero essere intoccabili: la scuola e la sanità. 
Per quanto riguarda la sanità, si spera che i signori Ministri abbiano il buon senso di non toccare ospedali e lavoratori sanitari dove le cose ancora funzionano.


In Italia le eccellenze ci sono, sarebbero da premiare e non da sradicare come invece si sta facendo. Sulla sanità ci vorrebbe un intervento oculato per dare a tutta l'Italia la possibilità di accedere a servizi pubblici che funzionino al meglio e di sforbiciare gli sprechi e gli abusi. 
Ma è il cane che si morde la coda, dall'alto di una comoda posizione di comando, si fa presto a voler recuperare milioni e si taglia, così come viene, senza porsi domande, senza pensare ai cittadini tutti. La scuola è forse il problema più spinoso. 
Una nazione che taglia i fondi alle scuole è una nazione che si prefigura la morte dei cervelli che si dovrebbero formare nelle aule nostrane. 
La scuola è boccheggiante ormai da anni, figuriamoci adesso con queste nuove esasperazioni monetarie e non solo. Mancano insegnanti, molte scuole sono state soppresse, quelle che sono, hanno decine e decine di anni. 
Scuole vecchie, insegnanti stanchi. 
Dal di fuori, pensare che un insegnante dopo poche ore di lezione, sia stanco, sembra un'eresia. Ma nulla di più falso. Nulla di più umiliante, considerando gli sforzi per far apprendere dei discenti che sempre più mal tollerano la disciplina e l'autorevolezza. 
Pensiamo ai controsensi. Ci saranno migliaia di tagli nella Pubblica Amministrazione e lo stato sta preparando un concorso, senz'altro l'ultimo, per l'immissione in ruolo di 14.000 insegnanti che diano solo un po' di ossigeno alla scuola. 
Chi sarà mandato a casa se le pensioni sono sempre più un miraggio? Chi verrà riqualificato? Le persone ormai vengono trattate come l'immondizia, bisogna trovare il modo di riciclarla. Senza considerare che dal lavoro dipendente arriva gran parte del gettito fiscale. Il governo ha una foga insaziabile di teste. 
Sente ormai il peso delle future elezioni e per questo si riversa sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro degli stipendiati. Altro non può, non vuole fare? Quanti milioni si potrebbero recuperare da altri capitoli di spesa. 
Evasione fiscale, corruzione, nepotismo, clientelarismo e tutto ciò che segue, tutti ne parlano, nessuno riesce a risolvere una minima parte di questi problemi. 
Sono problemi di una complessità enorme ma sarebbe giunto anche il momento di dire basta. Basta, l'Italia sta collassando. 
Chi era stato votato è finito alla finestra e sta a guardare, il governo tecnico, tanto osannato ci ha ridotti a questo. Chi metterà la parola fine, nel 2013? 
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Comunicato Stampa
Creative Commons - Attribuzione 2.5
Licenziato perché ammalato di cancro. 

Pubblicato il 21/09/2012 | da Monica Sartori


Un operaio trentenne dopo aver sconfitto il cancro, si trova a dover fare i conti con il datore di lavoro che non riesce a far di meglio se non licenziarlo. Siamo di fronte ad una delle notizie che andrebbero urlate nelle piazze, perché di uno scandalo si tratta.


In questa era di tecnologia avanzata, delle mille risorse di internet, si possono leggere più giornali ogni giorno. Le notizie che vengono riportate sui vari tablet hanno la stessa valenza, sono tutte su uno stesso piano. Hanno un ordine di ‘importanza’ ma poi sono riprese per lo più con il medesimo tono. Quindi si spazia, si fa zapping tra le varie informazioni, più o meno interessanti. Ce n’è per tutti i gusti. Politica a iosa, spauracchio di tutti gli italiani, che poco capiscono di termini inglesi ormai abusati ma che si riversano costantemente nelle loro tasche sempre più vuote a dispetto della lingua. Interessano moltissimo anche i gossip, forse perché piace anche sognare. Io mi sono soffermata su una notizia che dire scandalosa è affermare una banalità. L’antefatto parla di un giovane operaio che si era ammalato di cancro e dopo essere stato operato e curato è riuscito a sconfiggere questa tremenda malattia. E fino a qui la notizia sarebbe apparsa una lieta novella se il suo datore di lavoro, in seguito alla malattia, non lo avesse licenziato. Se la legge recita che si può licenziare per giusta causa, mi chiedo se avere un cancro sia dare la possibilità ad un datore di lavoro di impacchettare un operaio e lasciarlo a casa. E’ uno scandalo che andrebbe urlato nelle piazze. Sarò una sognatrice ma mi piacerebbe sapere che chi s’ammala sia tutelato da chiunque, come diventasse un bene comune garantirgli la possibilità di curarsi e di poter guarire senza la tensione del conteggio dei giorni di assenza dal lavoro. Potesse avere le cure migliori, senza dover pensare che non ha la possibilità di permettersele. Il paradosso di questa notizia è che il datore di lavoro ha motivato la sua scelta indicando che non aveva un luogo logisticamente adatto per l’operaio. Altra vergogna, se non ce l’hai, lo cerchi, lo inventi, o in virtù di quello che ‘l’uomo’ operaio ti ha dato in termini di lavoro manuale, gli assicuri che lo sosterrai fino a che non troverà di meglio per la sua salute. Ho sentito dire che il potere logora chi non ce l’ha, ma credo che in questo caso, logori anche chi lo possiede. L’operaio ha affermato, in un’intervista, di aver preso la decisione più giusta, stare lontano da un lavoro che lo portava a contatto con sostanze chimiche. Che dire, il buonsenso è da ammirare. Mi trova perfettamente d’accordo.
Non vorrei mai dover convivere con la coscienza del datore di lavoro.



Autore della pubblicazione:
Monica Sartori
Scrittrice
Monica Sartori




Comunicato Stampa
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Scuola pubblica vs Scuola privata 

Pubblicato il 20/09/2012 | da Monica Sartori

Da anni si discute sulla meritocrazia tra scuole pubbliche e private e se da un lato le scuole pubbliche erano molto in voga negli anni '90, ora si assiste ad una contro tendenza che porta sempre più studenti verso una scuola pubblica, più sentita ed apprezzata.
Anni fa, non moltissimi per la precisione, la scuola privata elargiva un insieme di offerte allettanti per un pubblico molto vasto. Frequentavano queste scuole i figli delle persone di un certo spessore economico, che vedevano loro come un nido tranquillo e sicuro per i loro speciali pargoli. La frequentavano anche i figli di chi aveva meno possibilità economiche, ma contavano sulla sicurezza di un orario flessibile così da poter lavorare tranquilli senza l’assillo della campanella. Infatti, erano tenuti ‘ore in più’ i figli dei lavoratori, previo congruo pagamento. Per arrivare alla categoria dei meno abbienti che potevano usufruire di tutti i servizi. Di norma le rette dei figli di questi ultimi erano pagate con le offerte degli altri genitori. Di norma, le scuole private, offrivano ampi spazi, giardini, una disciplina rigorosissima, una divisa uguale per tutti. Il 90% erano strutture di formazione cattolica e gli studenti erano assoggettati ai vari momenti della giornata, cominciando da una breve messa il mattino. Con il passare del tempo e con un cambio generazionale ci si è accorti che le scuole private o parificate non destavano più questo grande interesse. I genitori cominciarono a farsi i conti in tasca e a vedere che, tutto sommato, non valeva la pena di tenere giornate intere i loro figli in un semi-collegio, poiché l’offerta didattica, dopo le canoniche ore di scuola, era inesistente. Per non parlare di quando si accorsero che la stragrande maggioranza degli insegnanti non era nominata per meritocrazia ma per conoscenze. Un nepotismo sfrontato la faceva da padrone a discapito della didattica e della metodologia.
Da più di una decina d’anni si è assistito al fenomeno della migrazione di massa dalle scuole private verso le scuole pubbliche, fino allora molto mal viste per la fatiscenza degli edifici, per il numero irrisorio di ore scolastiche e non da ultimo per una certa libertà di poter dire la propria ragione, lasciata ai ragazzi fin da piccoli. Fenomeno che è aumentato in maniera esponenziale giacché molte scuole private sono state costrette a chiudere i battenti. Molte di queste strutture sono state riattate per altri scopi. La scuola pubblica ha dei vantaggi di tutto riguardo, rispetto la scuola privata. Innanzitutto vi accedono insegnanti e presidi che hanno superato un concorso pubblico per titoli ed esami. Questo non garantisce di certo la meritocrazia ma almeno è più confacente ad uno stato di diritto. Con l’europeizzazione della moneta, vi è stata una corsa a prendere parte ai giochi europei sfruttando i bandi di concorso e molte scuole pubbliche li vincono portando una boccata di ossigeno alle finanze scolastiche. Ultimamente i tagli alle risorse monetarie sono stati abbondanti ma si sono visti moltissimi insegnanti rimboccarsi le maniche e fare più e meglio riciclando e dando responsabilità gli studenti. Ci sono scuole pubbliche all’avanguardia anche in Italia, checché se ne dica nel resto d’Europa. Si lavora in laboratori d’informatica, si lavora con le lavagne Lim, vengono spronati i ragazzi a leggere, leggere molto, leggere di tutto. Gli insegnanti sono in continuo aggiornamento per riqualificarsi e apportare novità nelle classi. In questi anni di crisi monetaria, che ha colpito gran parte dell’Europa, c’è una contro tendenza nelle scuole pubbliche: fare di più con quello che si ha a disposizione. Ed è un successo, soprattutto per quegli insegnanti che lavorano con tutto, dai libri alle fotocopie, dal materiale vinto con concorsi alla buona volontà di un team di colleghi che mette loro a disposizione tutte le risorse di cui dispongono. In capo a pochi anni la scuola pubblica italiana darà del filo da torcere a molte più ben nominate in Europa.

Autore della pubblicazione:
Monica Sartori
Scrittrice
Monica Sartori





Comunicato Stampa
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I Centri Territoriali Permanenti questi sconosciuti. 

Pubblicato il 19/09/2012 | da Monica Sartori


Si chiamano CTP, sigla che intende un Centro Territoriale Permanente per l'educazione in età adulta. Sono scuole statali frequentabili da cittadini italiani e da cittadini extracomunitari. L'offerta formativa è varia e molto ben strutturata.


I Centri Territoriali Permanenti questi sconosciuti.

E’ iniziata la scuola. Remigini, bambini, ragazzi, adolescenti si sono incamminati di nuovo in quel percorso che è una parte fondamentale della loro vita. Uno scalino dopo l’altro arriveranno alle vette che porteranno loro sempre più vicini a intravvedere i primi lineamenti di futuro. Iniziano anche le scuole serali, per molti studenti che non hanno potuto studiare il mattino, o per l’età avanzata, o solo per cultura propria. E per cultura propria si apriranno le università della terza età o del tempo libero. Altre scuole hanno aperto il 12 settembre, in pompa magna, ma che sono conosciute pochissimo dalla popolazione, sono i CTP, sigla che indica i Centri Territoriali Permanenti per l’educazione in età adulta. Che cosa sono questi CTP e qual è la loro offerta formativa? Innanzitutto sono scuole statali, ramificate in tutto il territorio italiano. Hanno una sede presso una struttura pubblica, di solito una Secondaria di I° Grado e con essa condividono gli spazi. I CTP ,normalmente, sono aperti dal primo pomeriggio fino a sera inoltrata. Accolgono persone italiane, comunitarie ed extracomunitarie. Offrono le ex ‘150 ore’, ossia il diploma di licenza media, in un anno scolastico. Alfabetizzano le persone analfabete, dalla lateralizzazione alla letto- scrittura. Seguono gli studenti nello studio della lingua italiana in sei livelli diversi come da Framework europeo. Queste scuole orientano gli studenti verso una varia gamma di esami , patrocinati da università, dalle Prefetture, da molti vari Enti. A volte questi corsi pagano delle borse di studio per premiare la frequenza scolastica. Oltre a tutto questo i Centri Territoriali promuovono l’educazione per gli adulti con corsi di lingue che spaziano dall’inglese, dallo spagnolo, all’arabo, passando per il francese, il russo… A costi irrisori, dato che la scuola è statale, praticamente si paga l’assicurazione e le poche fotocopie che vengono stampate. Vi sono interventi di storia, di letteratura di psicologia. Interventi della durata di poco più di venti ore, ma che danno la possibilità di apprendere in maniera continua e volendo, costante. Ed è proprio questo l’ordine dei CTP. Un apprendimento lungo il corso di tutta la vita. Importantissimo soprattutto per gli stranieri, per aver modo non solo di imparare la lingua ma anche la Costituzione Italiana con dei veri e propri corsi ad hoc che sono obbligatori per avere il permesso di soggiorno a lungo termine. Importantissimo per i cittadini italiani che, a poche decine di euro, riescono a fare corsi di lingue straniere e corsi monotematici nei più svariati settori della cultura italiana. Una scuola a cui si può chiedere molto, ma che è sempre poco sfruttata nonostante gli importanti numeri di studenti che la frequentano.


Autore della pubblicazione:
Monica Sartori
Scrittrice
Monica Sartori












FEMMINISMO NEL XXI SECOLO


Chi non si è mai posto la domanda se il femminismo sia solo di sinistra o possa appartenere anche alla destra partitica? La risposta è riconducibile al contrasto tra Anna Maria Mozzoni e Anna Kuliscioff. Entrambe femministe, entrambe donne armate, linguisticamente parlando e preparate per il notevole bagaglio culturale personale. Le strategie di conversazione con il pubblico delle due donne era, però, notevolmente diverso. La Mozzoni, classe 1837 traccia una linea maginot sulla conoscenza delle donne, soprattutto in ambito borghese, le quali volevano lavorare, acclamavano a gran voce il diritto allo studio negli istituti superiori per poi poter accedere alle più disparate professioni, fino ad allora una chimera perché prettamente maschili. Designava come fondamentale veder riconosciuti, alle donne, i diritti civili e politici. In netto contrasto con la Kuliscioff, impegnata in un femminismo socialista, che si batteva contro lo sfruttamento dei lavoratori e all’interno della classe lavoratrice e poneva in primo piano l’abuso lavorativo delle donne e dei bambini.
Due donne, che agli albori del ‘800 si battevano per delle parole che non erano molto usate in quel periodo. Incalza ancora la Mozzoni chiedendo a gran voce una riforma radicale, che investa la famiglia, la società, il rapporto tra i sessi, la mentalità. Mozzoni e Kuliscioff due pioniere, due donne da far west, rimaste inascoltate nelle loro battaglie per la parità di diritti tra uomo e donna. Fuori dei confini dell’Italia altre donne si battevano nella medesima epoca. Olympe de Gouges con ‘La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina’ pose la società contemporanea (1791) di fronte al ruolo negato nello spazio pubblico. Eroina, la de Gouges, venne arrestata per queste sue dichiarazioni e ghigliottinata.In quegli stessi anni, l'inglese Mary Woolstonecraft scriveva nella sua ‘Rivendicazione dei diritti della donna’ che era ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere delle donne, di restituirle la dignità perduta e di far sì che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo’.
Queste donne, spesso con ideali diamentralmente opposti non sono state una linea guida per le femministe arrabbiate degli anni 1970. Il femminismo si trasformò in una protesta polemica e arida, fatta di scontri e di lotta violenta. Venne chiamato in mille modi, venne snaturato, incompreso. Non ci sono stati passaggi graduali, come avviene in tutte le trasformazioni di carattere politico- sociale, ma un tuffo nel vuoto della chimera denominata anche ‘parità di diritti’. Le leggi furono dettate, a chiosa, degli interventi e il tutto, nuovamente scritto dagli uomini, con leggi fatte dagli uomini che dovevano essere indossate dalle donne con il massimo della gratitudine. Fatto questo breve exsursus su un mondo notevolmente più complesso torno al titolo del breve resoconto storico riguardante il femminismo. Il femminismo dovrebbe essere apartitico, perché la richiesta di parità di diritti dovrebbe intraprendere una strada unica, quella della lotta ad ogni discriminazione.
E come scrisse Simone de Beauvier: ‘Donna non si nasce, lo si diventa. Nessun destino biologico, psichico, economico definisce l'aspetto che riveste in seno alla società la femmina dell'uomo: è l'insieme della storia e della civiltà a elaborare quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna.




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