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martedì 31 luglio 2012

Giorno più, giorno meno.

Stava morendo e non poteva guardarsi negli occhi. Tolse gli specchi perché non potessero riflettere quel viso ancora giovanile. Un viso tirato dai pensieri, un po' smunto dai malanni. Non ci pensava, non era quello il suo cruccio. Dopo essere arrivati al capolinea, bisogna scendere. Il suo dolore immenso stava nell'aver buttato la sua esistenza, nell'aver vissuto lentamente perché la vita è lunga e va dosata. Perché non sempre si ha voglia di mettersi in gioco, anche se tutti lo fanno. I giorni le sono precipitati addosso e adesso li poteva contare, giorno più giorno meno. Si sfogava con la sua maledetta pigrizia e sui suoi modi di ragionare lenti, fastidiosi. Ora. E intanto segnava i giorni, come per togliere loro alla vista, come si fa quando si aspetta una data importante. E la data era importante, giorno più, giorno meno.



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Sola

In mezzo a tutta questa gente. Sola. Ma lo sono sempre stata, forse adesso mi pesa di più, come pesano di più tutte le cose che ti si appiccicano addosso come un marchio, un tatuaggio. Cose vecchie che strisciano insieme a te negli anni che passano. Mi sento scomoda, in ogni cosa che faccio, forse irrito le persone per il mio essere così sorridente ma estremamente solitaria. E poi dico che non me ne importa nulla, invece mi importa, come questa sera che non so dove sbattere la testa e a stento trattengo le lacrime. Non è una sera importante è una di quelle che stanno nel mazzo come quasi tutte le mie sere. Un'altra sera con nulla da fare. Se soppesassi i miei impegni ne troverei di motivi per dovermi alzare e cominciare 'qualcosa' ma mi sento sola e a stento trattengo le lacrime che silenti colano giù senza fare rumore. Eppure fanno un tonfo assordante dentro di me, è come un rubinetto aperto che di notte non ti lascia dormire e speri che smetta di gocciolare. Sola. Talmente sola che mi fanno male le spalle. Mi dolorano, mi danno fastidio come dopo uno spavento dal quale non sai se sarai in grado di riprenderti.



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Lo farò domani

Lo farò domani. Domani è come l'ultimo giorno dell'anno al quale si rimanda una vita nuova fatta di precetti e promesse. Da domani uscirò da questa apatia che mi avvelena il sangue. Come se uno stato mentale potesse avvelenare il sangue e non fossi io, invece, la causa di tutto. Domani è un nuovo giorno. E domani è tutto possibile, anche incontrare l'amore ed essere più belli. Uscirò anche di casa, la prigione che mi sono costruita per non affrontare la mia vigliaccheria. Lo farò domani, lo prometto, lo giuro. Domani mi curerò, mi farò bella, prenderò la macchina. Domani, dove andrò con la macchina? Che da anni sistematicamente ho bruciato tutte le amicizie e sono sola. Dovrò fare qualcosa, ma lo farò domani. Oggi sono qui con gli stessi pensieri di tutti i giorni, con il chiodo fisso che domani farò. Ma non va, nemmeno il pensiero è incisivo. Una filastrocca abusata per permettermi di tirare avanti di un altro giorno. E domani sarà come ieri quando ho pensato 'lo farò domani'.


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lunedì 30 luglio 2012

Innamorarsi

Essere 'una bambina' ti ripara da ogni maldicenza, rifletteva dolcemente, mentre dall'altro capo del telefono c'era lui. La sua voce si fece più incerta, delicata. Sospirò, trattenne il fiato quasi a soffocare, ma da ciò che doveva confessare sarebbe dipeso il suo futuro. E lui mormorava il desiderio di essere con lei, al suo posto nel mondo, la confortava, esternava che non aveva più significato il viaggio che stava compiendo, non si sentiva più a casa, là, dalla sua donna. Lei, lasciò andare il respiro e trovò un coraggio inaspettato nel dirgli, tutto d'un fiato, che si era innamorata di lui. Fu silenzio. Un interminabile silenzio. Riprese il coraggio lei e con un filo di voce, gli bisbigliò che doveva dimenticare quello che aveva appena sentito. Lui disse 'sì'. Si tirò su le coperte fino alla faccia, nel tentativo di nascondere la vergogna, il senso dell'inganno, il vuoto di colpo formatosi attorno. Una voragine in cui stava scendendo velocemente e questo niente sotto di lei le faceva girare la testa. Non capiva, ma inghiottì il veleno di quella risposta rilanciata in modo inespressivo. Oltraggiata, abbandonata lo salutò con un sorriso velato, un sorriso che pareva la smorfia di chi muore. Ma non si muore mai, le lacrime rigano il viso e le guance diventano pallide. Non si muore per essere stati ingannati.



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domenica 29 luglio 2012

Sei presente anche quando manchi

Amarsi solo per un po', poi
di colpo si spegne l'universo.
Ti si regalano altre due parole,
una manciata di bugie.
Non puoi scrivere
la parola fine perché
nessuno l'ha detta.
Nessuno ha infierito
con il coraggio di un 'addio'.
E il cuore si macera
quando hai realizzato,
dopo che hai accettato
di piangere e di chiuderti
in te stessa.
Abbandonata dalla spinta
della fiamma accesa,
giaci su una sedia a dondolo
sospinta dal vento del tempo.
Un tempo che non passa mai
perché si è fatto viscido,
si attacca alle pareti
del cuore e non scivola.
Vorresti che se ne andasse
ma il tempo comanda, decide,
ti sospinge nel baratro
dei tuoi pensieri strazianti.
Quanta perfidia e crudeltà
sorreggono gli animi di chi
diceva che 'sei presente
anche quando manchi'.
Quanto orgoglio, allora,
che parole spietate, adesso.
E rimani ammutolita, emaciata.
Guardi immagini,
leggi memorie e piangi.
Meschina tristezza
che ti comprime anche la mente e
ti relega in un angolo, vinta.



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venerdì 27 luglio 2012

Allunga la mano

Diceva, 'anche un uomo può avere un'anima'
ho sempre sorriso a questa esagerazione,
ma poi sono diventata grande e
ho cominciato ad esitare, a rallentare.
Ho proclamato mille volte l'amore,
e in mille ancora ho creduto.
Un'ingenuità devastante
che strappa le viscere e le appallottola.
Una bimba che allunga una mano
e tiene stretto l'unico suo motivo di vita.
Che tace e subisce, a volte si fa bella
si trucca, ma non tanto
colori delicati, consoni all'anima pura.
Non mettere lo smalto, allunga la gonna.
Non ho voglia di uscire, son stanco.
E continui ad allungare la mano.
Devi essere, devi fare, ma così non va.
Si forma una patina sempre
più spessa e visibile che ti rende
irriconoscibile, forse più brutta
certo meno desiderosa di slanci.
Ma non crucciarti,
a cosa stai pensando?
Come hai fatto a ridurti così?
Cerchi, riprovi, ti disperi,
ti ricrei in un'altra forma.
Non sei più la stessa
a che serve sognare, desiderare?
Non provi più niente,
ora allunghi la mano a chiunque
ti dimostri un po' di affetto.
Qualche uomo ha un'anima,
molti altri... allungano la mano.


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Non voglio aiuto

Guardami, se lo credi giusto. Rido. Rido spesso. E' un movimento come un altro. Io lo considero così da tanti anni, perché ci sono una nullità di cose che mi fanno divertire. Talmente poche che ora nemmeno le ricordo. Guardami negli occhi mentre rido. Ci trovi emozione, ci vedi sentimento, allegria?
Sono occhi esangui, hanno visto di tutto e niente hanno allontanato. In ogni diottria un dolore, in ogni sguardo un tremore. Ma non sgomento, ci si abitua a tutto anche a non essere mai felici. Solo ansia e ritrosia fanno abbassare lo sguardo di chi ancora non ha inteso cosa significhi morire. E nella vita si muore ogni giorno. Muore l'impavido e l'animoso, muore il dolce e l'indomito. Guardami, se riesci a sostenere il mio sguardo cosciente di ciò che sono e di ciò che provo. Non cerco nulla, non voglio aiuto. Nessuno conosce questa parola. Arretro al solo sentire questo termine. Non voglio aiuto perché nessuno me lo sa dare.


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Corriamo

Corriamo. Ma questa volta vai avanti tu.
Ho le stesse paure dei bambini.
Paura di essere abbandonata
di non vederti più, di rimanere sola.
Il mio passo è incerto solo quando
anche tu zoppichi.
E ultimamente lo hai fatto spesso.
No, non importa se cadi
ci sono io a sostenerti
sono forte, sono decisa
muoio solo se te ne vai.
Sono come un fiore sul davanzale
bello, rigoglioso, appena acquistato
ma se lo lasci lì
senza acqua né luce
dopo un po' appassisce,
si piega e muore.
Dammi tu il ritmo,
dammi tu la vita.
Mi basta solo vederti,
anche di lontano.
Ti rincorrerò al buio
nel deserto del tuo spirito
nella pochezza della tua anima.
Che compito difficile catturarti,
prenderti e scrollarti
dai tuoi atavici impedimenti.
Corriamo sospinti dal vento
e quando riuscirò a catturarti
non avrai più scuse.
Dovrai essere te stesso
come lo sono sempre stata io.
Mi dirai tutto le tue angosce
i tuoi affanni, i tuoi mali.
Li ascolteremo insieme
perché essere in due,
essere insieme conta tanto.
Leniremo le nostre paure,
ci rideremo sopra,
correremo ancora e ancora.
Ma questa volta vai avanti tu.



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giovedì 26 luglio 2012

La violenza del silenzio

Aspetti e sembra una vita che aspetti.
Ti svegli aspettando e
l'ultimo pensiero è lo stesso.
Un pensiero uguale all'altro.
In fila farebbero migliaia
di chilometri, tanto è lunga
l'attesa.
E aspetti una parola, una voce
la stessa di ieri ma che oggi
è svanita.
Quante volte ti sei chiesto
cosa sia successo
e non te ne sei dato
una ragione.
E aspetti, speri che sia
un capriccio, un momento
una pausa un po' lunga.
Ma passano i giorni
e non te ne fai una ragione
aspetti e quella vocina
che ti dice che è finito.
Tutto è finito prima
di cominciare.
No, tutto è finito
con l'abbozzo di un inizio.
Dopo che si era anche fatto
l'amore.
E aspetti inutilmente, lo sai
ma attendi lo stesso.
Vana speranza
dopo giorni, settimane.
Che violenza questo silenzio
una violenza inaudita.
Un pugno alla bocca
dello stomaco, sferrato
a tradimento.
Che violenza il silenzio
che fa più male di mille parole
e che più di esse ferisce.
Che umiliazione il silenzio
dopo migliaia di baci,
chi lo sa se d'amore.


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Libero

Sei libero, lo sei sempre stato. La tua libertà nasce impavida e spavalda e niente potrà sottrartene una briciola. Nemmeno quando sei troppo occupato a pensare a te stesso e mentre calpesti gli altri alzi lo sguardo per non vedere. Tu sei libero. Sei libero di fare e di andare. Quando vuoi una cosa la prendi, perché sta nel tuo essere spirito allo stato brado ottenere tutto ciò che vuoi e non soffermarti a nessun impedimento. Fluisci come un fiume in pianura, lento e calmo, ma anch'esso instabile agli eventi più minacciosi. La  rettitudine l'hai plagiata a tuo dire e non conta se nessun'altro ti approva, tu basti a te stesso. Ricordi un nume, un vaticinatore che non indietreggia mai, nemmeno quando è in disagio con se stesso. Ma ti sottrai ai giudizi, anche di chi ti vedrebbe più incline a porgere una mano al bisognoso e al disagiato. Non te ne occupi, la tua mente e solo lei conta e sale le scale luminose dell'eccesso. Non ti asservire troppo al successo, le scale sono effimere ed eteree. Una caduta e piomberesti nella banalità.


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mercoledì 25 luglio 2012

Ce l'hai questo coraggio?

Vieni, siediti qui accanto a me. Se vuoi restiamo in silenzio per un po', se vuoi ti racconto una storia. No, non di quelle che 'c'era una volta', ma un'avventura. Non è nulla di fantastico, come le novelle che si ascoltano e si rimane a bocca aperta aspettando il finale. E' come attraversare un ponte, senza appoggiare le mani, camminando incerti, con passi esitanti. Tu stesso arrivi all'imbocco di due strade e devi scegliere quale percorrere, sai che da questa tua preferenza deriverà tutto il tuo futuro. No, non credere, il futuro non è una casualità ma un insieme di scelte. Quelle scelte che si fanno da ragazzi, quando ancora non sai bene cosa vuoi dal tuo futuro e hai talmente poco passato che nulla ti sostiene.
E imbocchi la strada che ti dice il cuore, la testa in questi casi non è affidabile, anzi è quasi sempre nociva. E vai verso il punto scelto, ti ci incammini come un eroe sul suo destriero. Chi incontri lungo la strada ti sorregge o ti stronca. A volte prosegui, spesso ti fermi. Prosegui quando non sei distrutto dagli eventi, quando ancora uomo, cammini a testa alta. Ti fermi di fronte alle atrocità che ti fanno vacillare, cadere, inginocchiare. Ma prima o poi ti rialzi, è una forza interiore che ti spinge, un sussurro, una fiamma che ti alimenta. Procedi stentoreo, poi sempre più energico. E trascorri una vita così, cadendo e rialzandoti con sempre più frequenza ma con sempre meno fiato. Arrivi al ponte, che non rappresenta la fine della tua vita, ma un nuovo inizio. Tu solamente puoi decidere se attraversarlo. Prima ti devi fermare, prendere fiato, capire. La tua testa continua a fissare il ponte, ondeggiante, pericoloso e nello stesso tempo si gira a guardare la via appena lasciata, non ancora lasciata. Devi decidere tu, come sempre. Attraversare il ponte significherebbe lasciarsi alle spalle una vita conclusa, che non ha più nulla da darti se non la noia, il grigiore e la tristezza. Trovare il coraggio di incespicare sui primi passi instabili e malsicuri vorrebbe dire che hai scelto di tornare a vivere. Oltrepassato il ponte, lo dovresti tagliare, come si fa con un cordone ombelicale. Ce l'hai questo coraggio?



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martedì 24 luglio 2012

Verrà un giorno

Verrà un giorno, sì verrà. E in questo giorno io sarò sorridente e felice, abbraccerò le persone che mi stanno accanto, come non ho mai fatto in vita mia. Le stesse che ho vicino tutti i giorni e per questo le scanso, perché le so sempre lì, sempre accanto a me, sempre pronte. Maledetta abitudine all'affetto. Riesci a barattarlo con la vita nevrotica e veloce, lo svendi per momenti di euforia con chi ti vuole solo per un attimo, ma che poi ti abbandona come si fa con un cane sull'autostrada. Ti disprezzi, a volte, ma fai la dura, le smancerie non sono adatte a te. Ma quando piangi e ti senti sola, arrivano loro, le ombre che avevi scansato per altro, per egoismo. E loro sì che ti abbracciano e ti ascoltano e piangono con te. Ma passato il bisogno riprendi la corsa. E vai, corri, corri con il vento che a volte ti sospinge e a volte ti frena. Ma non t'importa, devi correre, devi fare, devi vivere a tutti i costi intensamente. Verrà un giorno che ti fermerai e ascolterai quel vento, che non sussurra che sciocchezze, che ti induceva a roteare come una piuma dentro un vortice d'aria. Verrà un giorno che allungherò le braccia e avrò lì, a portata di mano, tutto ciò che mi serve. Verrà un giorno. Sì, verrà.


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Sciogli gli ormeggi

La città è così rumorosa che vorresti far scendere il cappello fino alle orecchie, e tenerlo stretto con le mani, per smorzare quei clacson, quelle voci, quei suoni assordanti che non vuoi sentire, oggi. Oggi è un giorno particolare, un giorno che ti riporta alla memoria altre città, altri luoghi, gli stessi rumori, ma che accettavi serenamente perché al tuo fianco c'era lui che li mitigava. Lui che non scriveva poesie, lui che non sapeva parlare d'amore ma dimostrava tutto con i gesti. Un uomo concreto, serio a cui ti aggrappavi perché ti sentivi in un porto sicuro. Ma anche i porti sicuri, quando si alza la bufera vacillano. Presagi di catastrofi nel vento che fischia fortissimo e ti taglia la pelle nel suo sfrecciare e le onde, interminabili, si infrangono sulle tue speranze. Tutto era tessuto su una trama fittissima, come solo le trame d'amore possono essere. E tutto accettavi, anche la lontananza perché non era un problema, così diceva lui. E ogni volta che vi sareste rivisti, sarebbe stato ancora più appagante. Il rumore non cessa, vedi i paletti della banchina volare ed è 'basta'! E sciogli gli ormeggi.


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lunedì 23 luglio 2012

Un cosmo scritto






Cosa ti sei disegnata sulla pelle? Sembra una carta geografica. Chi non sa, ti guarda e sorride. Io conosco ogni disegno, ogni lettera di quel cosmo scritto a punta di aghi sulla tua pelle. Ne conosco la storia, dall'inizio alla fine, le peregrinazioni, le sofferenze, i dubbi e il disprezzo. Fissati per sempre. La memoria può dimenticare, la pelle lo ricorda. In un attimo, ti fa rivivere i sogni, le amarezze, l'amore e le delusioni. Ma quanti tatuaggi hai? Poche impronte di una vita, poche storie a lieto fine, paura nella pelle rimasta sola. E parli dei tuoi amori, quelli veri, quelli a cui tenevi tanto. I tuoi amori che ti hanno tolto più vita degli anni che passano e che ad ognuno di loro assegnavi un posto speciale. Nessuno prima aveva avuto quell'onore. Ma non bastava mai. Il mostro pauroso dell'indifferenza era sempre in agguato. Quante volte ti si è scagliato addosso, lacerandoti la pelle. Lacerandoti l'anima. Ma l'impronta rimaneva a ricordo, a monito. Un monito che non servì mai. Una vita, tanti ricordi qualcuno dolce, molti amari. Ti sei segnata anche le iniziali dei tuoi cari, dovevi, a memoria tua e di chi ti guarda sorridendo e non sa l'importanza. Non conosce le pergamene incise sulla pelle e nel cuore. Non potrà mai capire chi ti mancò che eri bambina e che non hai mai saputo che onorare così. In punta d'aghi.
Il sorriso di chi ti guarda passeggiare in riva al mare, coperta di tatuaggi, si tramuterebbe in una smorfia dolorosa, se questi disegni prendessero vita all'improvviso e si raccontassero da soli.



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Il camino

Nelle narici un acre odore di fumo
scosto la tenda e vedo un fuoco
un modesto fuoco serpeggiare
mosso dalle onde del vento
in una ritmica danza serale.
Socchiudo gli occhi
solo per un attimo
e mi rivedo intorno
a un fuoco di mille anni fa,
io, sola, incerta e impaurita.
Lo stesso odore si sentiva
nell'aria appesantita da
un lontano temporale
che infiammava il cielo
e danzava insieme al fuoco.
Ero giovane, solitaria
chitarra stretta in un abbraccio
e cantavo sommessamente
a chi non c'era e non sarebbe
mai stato.
Mi risveglio da questo sogno
ad occhi aperti e colgo
le bellissime sfumature
del fuoco che ho davanti e
che mi riporta a una fanciullezza
ormai perduta e sbiadita.
Rimango un attimo confusa
mi risveglia quell'odore acre
che vorrei cancellare.


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Ma ci pensi?

Ma ci pensi? Fino a ieri eravamo lontani ma stretti uno all'altra. Credevo ormai indissolubile quel brivido che mi cingeva forte a te. Tu ora ne parli come di un'altra esistenza, di una cosa passata, vissuta, forse dimenticata. Non voglio. Come puoi sparire, diventare evanescente agli occhi e al cuore? Ho ancora mille e mille cose da dirti, e mille ancora da farti conoscere. Non ti ho ancora aperto il mio cuore e tu sei già andato oltre, calpestandomi serenamente. Questo inutile vento che mi scompiglia i capelli, mentre penso a te e alla tua voglia di sole e di mare. La tua voglia di fuggire. Il tuo desiderio di andare.
E questo vento che mi fa lacrimare. Trasporta sabbia e ricordi, trasporta lacrime che volano dietro di me. Non vedrai mai le mie lacrime, le terrò per me, silenziosamente. Ed ora vai. Il tuo posto non è qui accanto alle mie lacrime. Prendi spazio nella dimensione nella quale ti sentivi soffocare, ma che è un porto sicuro, un travagliato porto vicino al mare e al sole, che tanto ami. Nelle giornate dure, di pioggia, non saprai mai che insieme alle gocce che cadono dal cielo plumbeo, ci sono le mie calde lacrime.
Ma ci pensi? Io ho asciugato le tue lacrime che sgorgavano e che un po' liberavano quell'anima travagliata. Avevano il sapore della sconfitta e insieme di una vittoria, hai vinto in libertà, hai aperto un attimo il cuore alla speranza di poter essere te stesso. Per un attimo o per sempre. Poi, sei tornato sui tuoi passi, nel tuo gioco maledetto che ti fa stare afflosciato ma che ti permette di essere diverso.



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lunedì 16 luglio 2012

Arido e solo

Rileggo le nostre lettere.
Riconosco le tue dalla grafia incerta. La scrittura di un bambino che parla come un uomo e come un uomo mente. Ora, ogni parola ha un significato diverso, ora, leggo con il cuore meno carico di emozioni vibranti. Ora, fa solo male leggere. Quante menzogne, che si avviluppano alla mia carne e ne lasciano un segno profondo, quante bugie, quante parole dette al vento che io credevo mie. Ero un albero rigoglioso, le foglie le avevi pennellate tu, ce n'erano migliaia e io le sostenevo tutte senza difficoltà. Ogni tanto ne cadeva una, ma subito la rimpiazzavi con un'altra ancora più bella, piena di luce e di speranza. Non hai aspettato l'autunno. Una folata improvvisa di vento ha spazzato via tutto di me, le foglie, le gemme, quel piccolo fiore. E così sono rimasta, all'improvviso, spogliata del mio essere e di te, che volevi essere mio, per sempre.
Rileggo le nostre lettere e tu sei sparito, ti sei abbandonato alla vita che dicevi crudele. L'unica consolazione che mi rimane è che sei più spoglio di me, arido e solo.


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venerdì 13 luglio 2012

Una sassata, due, in pieno viso. Non mi muovo, non scendono lacrime, sembro sull'attenti.
Non guardo in basso ma nemmeno la provenienza di quelle che sembrano cannonate.
Continuano imperterrite, scendono gocce ma è sangue. Voglio stare in piedi, in tutta la mia dignità.
Sono una donna, amo il mio essere, nessuno mi impedirà di stare in piedi, quasi impavida ad aspettare queste esplosioni. A tratti, chiudo gli occhi, mi sento mancare, ma resisto eroina tra miserie macilente. Emaciata da questa carneficina ferale. D'un tratto le armi di pietra sembrano essere scagliate con meno intensità. Dura poco è di nuovo un perpetrare del solito rito, della pura vergogna. 
Si ride, al di là del mio sguardo. Si fomenta quest'impietosa razzia. Scagliatemi pure addosso tutte le vostre paure, le vostre ansie, le vostre miserie. Fate della mia vita il vostro teatrino, infilate le mani dentro la marionetta. Abbassatela, alzatela. Rimarrà sempre in piedi, soprattutto nelle sventure. Nella più greve delle situazioni, colerà sangue, ma non lacrime. Esseri immondi, rimarrete attoniti nel cercare un punto debole, ce ne sono mille ma voi non lo saprete. In piedi, con tutta la mia dignità sorrido, beffarda. Non sento il dolore, le ferite si rimargineranno, le vostre anime screziate sono pronte alla falcidia. Voi non rimarrete in piedi come fanno i girasoli in piena estate, crollerete di fianco. Pesanti come la mia vittoria.
Era un lunedì qualsiasi, ricordo fosse inverno. Avevo fame ed era tardi, pensai di fermarmi in una pizzeria dopo il lavoro, per un boccone. Scelsi la più vicina o forse quella che mi era di strada, per non dover fare strada in più per tornare sulla via di casa. Entrai in quel locale semi buio, le luci erano accese solo dove c'erano sedute alcune persone ai tavoli. Andai verso un tavolino poco illuminato perché avevo scorto l'insegna della toilette.
Avevo bisogno di mangiare qualcosa di veloce e optai per una piadina e una birra piccola. Mi accorsi che non venne a prendere l'ordinazione un cameriere, ma l'uomo alla cassa. Non aveva né blocchetto, né penna. Mi si rivolse con un atteggiamento che dava da intendere che fosse il padrone della baracca. Melense, quasi irritante. Ma ordinai velocemente e senza tanti fronzoli. Non mi toglieva lo sguardo di dosso, mi accorsi che mi guardava la bocca, soprattutto. Mi arrivò la frugale cena in un batter d'occhio, me la portò un cameriere, una rosa rossa spiccava arrotolata dentro un tovagliolo di stoffa. Feci una smorfia educata alla volta del gestore che mi guardava con soddisfazione.



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giovedì 12 luglio 2012

Truccati un po'

Un viso perfetto, lineamenti leggeri,
evanescenti.
Gote pallide, ingentilite nella forma
dai sorrisi.
Le labbra sottili, disegnate con un
pennello, perfette.
Truccati un po', il tuo sguardo
prenderebbe profondità.
E' lo stesso se gli occhi son chiusi,
resteresti così,
per l'eternità.
Il viso è disteso, come mai
lo è stato, per anni.
Truccati un po', lo faccio io
se me lo permetti.
Un po' di rossetto, un velo
di cipria, un ombretto leggero.
Sei magnifica.
Ora chiudo gli occhi
e tu, resterai così
per sempre.
Per l'eternità.


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mercoledì 11 luglio 2012





E anche oggi mi sveglio in preda al panico, un invasore sordo, infame. Non apro gli occhi, conosco tutto a memoria. Come priva di sensi, nel mio torpore, inizio un nuovo giorno. Non sono quieta, mi sento sobillare da percezioni anomale, come quelle onde che arrivano e si portano via tutto. Ma la quietezza del luogo in cui son prigioniera non permette nulla di inusuale. E mi fermo. Siedo per terra, porto le mani alla testa, voglio ignorare anche ciò che non sento.
Fa male. Ricordare fa male. Riaffiorano tutti i pensieri d'un tratto e mi colgono lì, seduta e affranta. Oggi è peggio di ieri, o è solamente una mia impressione, che mi fa accucciare ancora di più.
Sono in preda al terrore, non so cosa fare, dove andare, sono un sacco vuoto, una testa penzolante. 
Se solo potessi chiedere aiuto. Se solo mi uscisse la voce. Se tu fossi qui, vicino a me.
Forse troverei il coraggio di alzarmi, forse mi solleverei in piedi e raddrizzerei questa testa scomposta. 
Se tu mi tenessi la mano ardirei a camminare, un passo alla volta, due. Se tu fossi qui, non sentirei tutto questo peso addosso, che mi fa soffocare. Mi manca l'aria e sono seduta per terra con le mani alla testa.



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lunedì 9 luglio 2012

Un puzzle

Due pezzi di un puzzle
che si incastrano perfettamente
questo eravamo.
Perché io non ero in più
ero qualcosa che ti dava 
coraggio e speranza.
Quella forza che hai perso
per rincorrere un sogno
che non ti appartiene.
Un sogno che non vuoi
ma che ti si aggrappa
alla vita come un elastico.
Lo tieni lontano
a volte lo scacci
ma dal sogno ritorni.
Lontano dalla verità
capisci che è fantasia
desiderio di normalità.
Una normalità che non vuoi
sei un'altra cosa tu, 
vuoi altro ma non osi.
Resti accucciato 
provato dal peso
delle tue mancanze.
Ti manca l'aria, 
non soppesi la libertà
ti offri al martirio, 
della falsa normalità.

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I Want You
Tom Waits
I want you you you
All I want is you you you
All I wants is you

Give you the stars above
Sun of the brightest day
Givin' you all my love

I want you you you
All I want is you you you
All I want is you

Ti voglio, sempre e per sempre
Voglio da te la vita
Desidero il tuo soffio
Che mi conduce in alto
Come un palloncino in volo
Leggera come una piuma
Innamorata e dea
Ti voglio, accordami l'amore
Mi hai solo sfiorato
Mi perseguita quella energia
Che mi hai trasmesso
Un fuoco che langue 
Non sono null'altro
Senza di te, io e te
Sarebbe anima e follia
Impegno e fantasia
Danzerei sulle punte 
Delle mie scarpette appese
Staccale e aiutami
Le indosserei per ballare
Mentre tu mi guardi
Amore...

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Me ne vado

Me ne vado. Per sempre. Me ne vado come i marinai che dalle loro imbarcazioni salutano, fazzoletto bianco alla mano, ma fanno solo finta, a terra non c'è nessuno per loro. Me ne vado, in questo giorno assolato, pieno di rumori, latrati, urla. I latrati dei cani mi innervosiscono, sembrano sempre forieri di cattivi presagi, mentre abbaiano ad un gatto, per noia, per disperazione, legati alla loro catena. Urla di chi non sa come esprimersi, di chi deve far sapere. E me ne vado anche oggi, in quel mio mondo di cui io sola ho la chiave e nessuno potrà mai aprire il cancello dove mi tengo ben nascosta. A volte spio, molti passano, alcuni si soffermano, nessuno si aspetta qualcosa. Me ne vado soprattutto per questo. Io mi voglio, gli altri no. me ne vado finché sono in tempo, presto non ne avrò più le forze, devo, anche se stentoreamente prendere l'avvio. Me ne vado e a chi resta, addio.


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domenica 8 luglio 2012

Mestierante

Ho un sussulto, un singulto, un brivido che percorrono la schiena. Deciderò mai di buttare quelle foto che ti ritraggono in momenti di fascino solitario, dedicato solo a chi volevi incantare? Artista con il cuore macilento, attore di rara intensità. Un oscar alle tue parole, al vibrante mestiere di scrivere che senti solo per incantare le folle. E' facile imbrogliare, ma te ne vai sempre a testa bassa per una vergogna che ti schiaccia. Mestierante, figuro. Uomo di teatro, non ti emozionò nemmeno l'affetto e la mano che ti si porse. Rantoli nella melma che ti sei scavato da solo. Giungerai a respirare da un piccolo orifizio e non sarà fiato ma sporcizia nuova quella che in te entrerà. Nessuno ti conoscerà, ma nemmeno tu conoscerai nessuno, chiuso nell'alveolo che ti sei creato, disperato essere. Non saprai mai affrancarti ad una vita di verità, carte giocate su un tavolo, visibili. Dirai mai chi sei realmente? A lungo andare, logoro e consunto, striscerai e sarai solo.


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