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venerdì 31 agosto 2012

Parlami

Parlami. Feriscimi se vuoi, ma parlami. Mi fai male con i tuoi silenzi, più dolorosi ancora del rumore assordante, delle parole non dette. Mi siedo per terra, gambe incrociate, posso attendere per ore che ti decida, perché per me ogni tuo giudizio sarà la fine, una fine che ho voluto, sapendo chi eri, com'eri, cosa pensavi. Ho sempre fatto di testa mia, come le persone irresponsabili, ora ho compreso, ma è troppo tardi, nessun mio netto taglio con il passato potrà ridestare in te il sentimento che si è spento. Era un fuoco acceso, scoppiettante, io ho continuato a versarci cenere, sopra cenere e anche l'ultimo flebile mozzicone si è spento. Come si spengono le anime subito dopo la morte, per riaccendersi in altri luoghi.
Ti guardo e avverto il turbinio dei tuoi pensieri, pensieri animosi, pensieri certi. Come le folate di vento che preannunciano un temporale, l'acqua sottile e i tuoni. Perché ogni amore finisce così. Finiscimi con uno sguardo, non andartene senza aver riversato il tuo orrore.




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giovedì 30 agosto 2012

La borsa sul letto

No. La borsa sul letto proprio no. Resto stupita da questa frase, e provo ad oppormi. La borsa è pulita, non l'ho mai appoggiata da nessuna parte. Ma il tono di lui è perentorio. Non capisco ma mi adeguo. Un lampo mi illumina e comincio a canticchiare una canzone che ascoltano sempre i miei figli, e chiedo ironicamente, se avesse attinenza al fatto che oggi è venerdì diciassette. Lui non si gira, come se non fossi nemmeno degna di risposta. Certo che deve essere una forma di superstizione ben radicata se a me fa ridere e a lui fa corrucciare la fronte, come fosse in balia di chissà quale disastro imminente. Eppure la superstizione è come una forza della natura, penso, nei secoli ha fatto più morti della peste stessa. Alzo gli occhi e guardo quell'uomo laureato, colto, con un'ottima posizione che cade preda di isteria perché è venerdì e per di più diciassette. Lo sfotto, o almeno ci provo ma lui non cede, sembra quasi impaurito. Inizia un sermone su tutto quello che gli è successo, negli anni passati, proprio in giorni come questo. Resto allibita. Vorrei parlare ma mi manca la saliva in bocca, come se avessi dovuto subire chissà quale vessazione. Riesco solo a dire che mi sono cadute le braccia e con loro anche la considerazione un po' speciale che avevo per lui. Si gira di scatto, come fosse stato morso da una tarantola e mi spiega che l'uomo è perfetto, ma corredato da qualche piccolo ed innocente paradigma.
Me ne vado, non posso ascoltare una parola di più. Come posso aver provato affetto per una persona così?




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Il gioco della verità

Facciamo il gioco della verità. E' divertente tra amici, anche se siamo un po' attempati e il nostro 'tempo delle mele' è passato da un po'. Chissà quante cose celiamo un po' tutti, noi che abbiamo una vita alle spalle attraversata parsimoniosamente, o almeno così sembra dai sorrisi e dai racconti di vacanze felici, di figli sistemati, di una bella casa. Gli occhi si smorzano un po'. Sembra quasi che a tutti sia passata la voglia di armeggiare nelle proprie vite e raccontarsi. L'ho proposto una volta, due volte poi, ho taciuto. L'atmosfera vivace e allegra di prima si è raffreddata, nessuno si guarda più in faccia, come temesse qualcosa, come pensasse a cosa potrebbe sapere chi gli è accanto. Un silenzio pesantissimo è calato tra tutti noi. Come se di colpo avessimo ricordato un lutto recente. O ancor peggio, come se tutti si stessero facendo un esame profondo. Chissà le mie amiche cosa potrebbero dire delle loro vite, del passato e cosa sognano per il futuro. Perché chi ha dei visi così affranti non ha sicuramente avuto vita facile e si aspetterebbe un futuro migliore, magari un'altra casa, magari un'altra vita. Magari una casa meno grande e meno confortevole ma con più gioia. Maledetta apparenza che infanghi anche le persone più pulite, che vuoi tutti felici, belli e sani. Vuoi il monovolume e la cabriolet, magari la moto per l'estate. Vuoi una casa grande e ben arredata, una casa delle bambole dove ogni cosa trova il suo posto e non c'è disordine. Vuoi figli grandi, belli, universitari di successo. Vuoi la coppia felice e abbracciata che va a bere l'aperitivo in centro. Non voglio più fare il gioco della verità. E' inutile a questo punto, ho capito senza che nessuno di noi parlasse.




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Parole aguzze

Dimmi il significato di queste parole aguzze come le vette alpine, irte di spine di rovi, tu, che sei sempre attento a quello che dici e a come lo dici. Parole che formulate in determinati momenti tagliano come la lama di un rasoio. Sembri un cecchino che spara a caso, ma quando colpisce lascia una ferita mortale. Proiettili che si conficcano nelle carni e lasciano un segno vistoso. Una cicatrice permanente. Se soppesassi ogni parola, ti accorgeresti che pesano quintali e un uomo, nella sua vita, non può portare determinati pesi, ci cade sotto, ferito, morto. Offendi nel modo più cattivo che ci sia, usando esempi, rispolverando cose passate e sepolte nella nebbia dei ricordi. Stai riesumando una vita passata, lasciata alle spalle. Ed esce tutto il lerciume che sa di muffa e di odio meditato e covato per tanti anni. Solo ora ti accorgi che andava tutto male? Il nostro gracile rapporto è sepolto sotto macerie di frasi di piombo, frantumato per sempre. Maciullato da un odio che non sapevo, o non ero riuscita a vedere. Come è avvenuto tutto questo, come è stato possibile? Non doveva succedere a noi che abbiamo vissuto una vita intera vicini, uno accanto all'altra leccandoci le ferite e sospingendoci per andare avanti. Ha un nome questa rabbia o è solo stanchezza? Me ne vado, prima che tu risponda, scappo per la prima volta nella mia vita. Adesso sii ridondante per chi mi seguirà, ma non lasciare che il risentimento ti logori di nuovo.




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Un quadro naif

E' un piccolo quadro naif. Piccole case, alberi grandi, persone enormi. Tutte intente a realizzare qualcosa di importante. Chi semina, chi ara, chi guarda verso il cielo cercando un segnale. Anche i bambini sono grandi, loro non giocano dentro quel quadro, lavorano e basta. Sono addetti ad accudire gli animali da cortile, che sono piccoli. Come sono piccoli il cane e il gatto. Un mondo coloratissimo tutto apparente. Tutto quel colore inganna e mette a soqquadro la mente. Non esistono le proporzioni, impauriscono i personaggi che se uscissero dalla tela sbilancerebbero la natura. Ho preso qualche colore e un pennello e ridisegnato qualche forma, come si fa quando si vogliono aggiustare le cose e hai gli attrezzi giusti. Ora, gli uomini e i bambini sono piccoli e il quadro è più armonioso, ho sistemato le cose, ma qui è stato facile. Ho alzato il pennello e ho preso le proporzioni della vita. E mi sono resa conto di non avere gli strumenti adatti per cambiare nemmeno una virgola di ciò che è.




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lunedì 27 agosto 2012

Sono solo


Anni. E poi ho provato a rimanere solo, sì, allora dicevo 'ce l'ho fatta'! Quelle pazze corse da una stanza all'altra e nessuno a fermarmi a guardarmi come fossi un matto. Mi giravo intorno e quello che c'era era solo mio, poche, pochissime cose, ma mie. Si sa che le donne hanno migliaia di oggetti. La casa è stranamente spoglia, mi sembra di respirare meglio, anni senza provare una sensazione così intensa. Oggi non mangerò nulla così non dovrò nemmeno improvvisare il rituale del pranzo, niente piatti, niente pentole. Mi vesto ed esco, non credevo di avere tutti questi maglioni, chissà dov'erano imbucati. Sorrido al pensiero che il bagno sarà sempre libero, adesso. E libero da tutte quelle cianfrusaglie che occupavano anche le crepe sui muri. E gli scarti delle matite da trucco, i batuffoli di cotone, le salviettine, tutte nel vater un dispetto che non riuscivo a controllare. E l'odore del caffè strano, che piaceva solo a lei, finalmente non lo sentirò più e tantomeno quella maledetta puzza di sigarette che impregnava l'aria. Non comprerò libri per anni, visto che alcuni di quelli che aveva letto me li ha lasciati. Non ne potevo più, sembrava una biblioteca. S'è portata via tutto, una mattina di settembre. L'aria era fresca, ha fatto caricare un camion e se n'è andata senza girarsi. Le sue chiavi erano appese, mancava solo il suo portafortuna. Ha portato via anche tutte le fotografie, promettendomi di fare i doppioni di quelle che ritraevano me con i figli. Rientrando ho avuto un tuffo al cuore. Non c'erano più colori, quelle cascate di girasoli e papaveri se n'erano andati con lei. I quadri alle pareti, tutti i quadri dipinti con quelle mani magiche non c'erano più. Dov'erano i pelouche che avevo imparato ad amare da adulto? Ognuno con il proprio nome. Il cuscino piccolissimo, pieno di palline, che usava come scacciapensieri e sul quale, spesso, piangeva. La casa è paurosamente in ordine. Non ci sono scarpe sgangherate sotto la tavola o in bagno. La sua chitarra.... i mille lavoretti iniziati e mai finiti. Non ci saranno più i biglietti divertenti appesi alle porte o in bagno. Mi facevano sempre schiattare dalle risate. E il suo profumo, un elisir di vita.
Dio mio, sono solo.



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Le sfumature del blu

Stranamente la pioggia si rovescia su tutto quello che riesce a toccare. Gocce che il forte vento fa tremare, si appoggiano con uno schianto impercettibile, lo si vede solamente, mentre tocca una superficie e si allarga, si espande. E' tremula, scomposta, cade senza avvisaglie, si appropria di tutto come una ladra di passaggio. Entra nelle case dalle finestre lasciate aperte, inzuppa chi non se l'aspettava e corre invano alla ricerca di un riparo. Si insinua nelle crepe del terreno e scompare alla vista. Scende impetuosa sui terreni incolti e li allaga velocemente. Il vento, suo amico la fa danzare a suo piacere. A volte si ferma e la guarda e lei cala dritta come un righello. A volte ondeggiano insieme ed è tutta scomposta. Volteggiano e si dimenano in una musica che scende dal cielo che si può solo intuire ma deve essere meravigliosa, angelica. Picchietta sulle porte alla ricerca di uno stolto che apre, bussa sui tetti con una bellissima melodia. Che spettacolo alla vista, una scenografia naturale che incanta, sullo sfondo un entusiasmo di vita, uno scorcio di paesaggio che profuma di antico in una cornice di tutte le sfumature del blu.




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venerdì 24 agosto 2012

La ruota della fortuna

Ho tentato e ritentato, come con la ruota della fortuna. Un giro, due giri, ma non è mai uscito il mio numero. Il numero che ho in mente non è mio, non è di nessuno è solo un numero preso a caso una mattina d'inverno. Il primo giorno dell'anno, è un numero, è anche un numero primo, com'eri il primo tu. Il primo così diverso. Avevi il sapore di notti insonni. Avevi il sapore di troppi pesi caricati in pochi anni di vita. Avevi ancora l'ingenuità di chi ha un briciolo di speranza. Avevi già tante cose tue. Avevi una vita tua, già improntata, preparata. Hai avuto anche me che mi riflettevo in tutto ciò che eri e avevi. Mi sembrava di guardare dentro un pozzo e vedere alternativamente la tua e la mia immagine. Notti polverose da non riuscire a toglierne un granello neppure sbattendo fuori la vita e rimanendo nudi, senza pensieri. Notti dolci, baci tormentati, poesie puerili, abbracci di addio ogni giorno, sogni pesanti, macigni ingombranti. Avrei voluto ma era troppo. Tutto era troppo per me. Io che ho potuto solo desiderare, avrei voluto restare accanto a te finché non finiva l'anno. Perché il primo giorno dell'anno, era ancora lontano.




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Tutta me stessa

Tu mi devi una parte di vita. Una parte intensa, importante, essenziale. Come pensi di restituirmela? Forse a brandelli, così com'è adesso? No, non ci pensare nemmeno per un attimo che io ti permetta di aver usato la ricchezza per poi ridarmi solo miseria. La mia casa pretende calore, lo stesso che ti ho dato e che tu hai morbosamente rapito e fatto tuo. Non mi risponderai con un freddo glaciale, con parole gelide, con i tuoi freddi silenzi, perché la mia infelicità è assordante. Io riconosco solo che mi hai tolto questa ricchezza insieme alla voglia di camminare ancora. Sono smarrita e tu lo sai, mi hai condannato in una gelida riserva di indifferenza che ha sempre agguantato stretto la tua vita e volevi qualcuno con cui dividerla a metà. Incespico senza la spinta di una parte di me, morta dentro un cuore malato. Ora rimodella quello che hai distrutto, ce la farai perché tu sei di mestiere, conosci la pozione magica delle parole, quelle esplosive, quelle tenere e confortanti, quelle ammaliatrici, quelle che irradiano la luce. Non importa se dovrai distruggere altre cose per ridarmi le mie immense sensazioni, io le rivoglio. Sei un usurpatore che vive solo contro tutti e di tutti ti cibi. Alla fine del mio sogno, io vedevo solo speranza mentre tu mi depredavi, mi sdoppiavi per arraffare metà della mia essenza e cibartene. Per me non c'è stato un domani e un dopo, no, non me lo hai permesso. Mi sono svegliata da quel sogno e dentro quell'imbuto oscuro non voglio più scivolare, quel bianco intenso, mascherato non mi accecherà più. Mi rivoglio, rivoglio tutta me stessa senza condizioni. I miei giorni di lotta estrema sono finiti. Ora rivoglio tutta me stessa.



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Il desiderio di una stella

E le stelle stanno a guardare. Cosa ci sarà di così bello da vedere su questa terra? Se una stella dovesse esprimere un desiderio, uno di quelli che ha sentito vagare nell'infinito cosmo per migliaia di anni, non saprebbe cosa chiedere. Perché da lassù lei non lo vede l'amore, non riesce a scorgerlo e non perché sia troppo lontana ma proprio perché non esiste. Se dovesse chiedere la pace, non capirebbe il significato perché dove si volge è guerra. Se dovesse chiedere aiuto per chi è bisognoso, non troverebbe un termine di paragone e non saprebbe come esprimere il suo desiderio. E la stella, la più brillante, quando seguirà la volta del cielo, sentirà milioni di desideri e sorriderà agli sciocchi che non hanno capito che sta morendo senza aver conosciuto l'amore, la purezza, la felicità e la pace.




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mercoledì 22 agosto 2012

La mia favola

Scrivimi una favola. Scrivila solo per me. Una favola dove ci sia una mamma e una bambina, in riva al mare. Scrivimi una favola perché io la possa leggere da sola, perché ormai sono grande anche se nel mio corpo è imprigionato lo spirito di una bimba. Scrivi tutto quello che ti viene in mente, ma non metterci 'c'era una volta' perché piangerei. Scrivila così di getto con un lieto fine, come tutte le favole che piacciono tanto ai bambini. Io poi me la immagino, la sogno. Vedo una mamma grande abbracciata ad una bambina piccola. Si dicono qualcosa ma non lo percepisco. Continua a scrivere, non lasciare la favola a metà. Ecco sì, ora vedo tutto. Un sogno disegnato a carboncino, due donne che camminano in riva al mare e si tengono per mano, parlano, ridono e ogni tanto corrono verso la spiaggia per non farsi bagnare dalle onde. L'aria è ancora fresca. Manca solo la bambina che è dentro la donna. Non si fa vedere, ora, è timorosa che possa succedere qualcosa e che il sogno s'infranga. Le due donne, mano nella mano camminano verso il molo. Ad occhio nudo non si vedono più. Resta lì per terra solo la bimba che canta una ninna nanna - dormi mammina dormi- e il vento le asciuga una lacrima. Le favole per questa bimba finiscono sempre male.



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L'onda


Ho cavalcato un'onda, senza tavola, senza nave, su una scia di schiuma effervescente. Sono stata in equilibrio per tanto tempo. Un tempo imprecisato, scandito solo dalla fine e dall'inizio di una nuova onda. Sola, in equilibrio. Ho avuto tanta paura perché nessuno mi sorreggeva nemmeno con un complimento. Ma ho continuato, tra alti e bassi su quel mare increspato e minaccioso. Sono scivolata più volte dentro la schiuma, rischiando di annegare, ho annaspato, ho inghiottito fiele, ma me la cavavo, mi rialzavo e di nuovo un'onda lunghissima mi portava lontano. Quante volte sono caduta, dieci, cento, nessun appoggio e le mani tremanti che cercavano un equilibrio che diventava sempre più instabile. Quante volte ho avuto paura e mi sono guardata intorno, per vedere se qualcun'altro stava in piedi, come me, in quella situazione pericolosa. Ma non c'era nessuno e se ci fosse stato la mia onda era velocissima, non sarebbe riuscito ad aiutarmi. Non esisteva il tempo, era svanito come nei giorni di noia, quando i minuti non passano mai. E questo mare era infinito, come la mia voglia di sognare, ma questo mare era infinito come tutti i miei incubi. Non c'era luce, non c'era notte, solo io che attraversavo queste maree, adagiata sul niente. E sul niente poggiavo, mentre trascorreva il tempo che non percepivo. La paura di cadere, il terrore di non farcela. Avevo lacrime e sudore mescolate in quell'onda lunghissima e minacciosa. Non ne vedrò mai la fine e in questo sconforto totale proseguo a stare in equilibrio più che posso, come posso. Si è alzato un vento che scompone l'onda, forse la fine è vicina o forse è vicino l'inizio di un'altra avventura.



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martedì 21 agosto 2012

I giorni ridono di te

I giorni passano, ti guardano e ridono di te. Ridono perché sono crudeli. Ridono perché vedono solo l'involucro nel quale sei costretto. Un involucro che si adagia, giorno dopo giorno su qualsiasi intemperia. Loro passano e fanno una smorfia, sbeffeggiano la nuova ruga che si è formato sopra gli occhi. Impietosi nelle notti del tuo rammarico, della tua disperata ricerca di raddrizzare le spalle e continuare a passi svelti nella vita. Ti sbeffeggiano perché la tua vita sta scorrendo velocemente e tu non hai tempo per fermarla, di tirare i remi in barca, di urlare di aspettare un momento perché non sei ancora pronto. Se i giorni guardassero dentro di te, vedrebbero quanti capolavori ancora incompiuti possiedi, quante azioni potresti stendere sulla bilancia che propenderebbero verso di te e farebbero scorrere il tempo in modo più clemente. C'è tutta una vita ancora da scoprire. Ci sono profumi da annusare e spalle potenti da abbracciare. No, loro non vedono nulla di questo, loro volano, ti volano intorno e scappano. Non hanno nessuna pietà e ogni giorno ti abitui a questo strazio, a questa corsa che non rallenta mai e tu, non riuscirai mai a raggiungerla.




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Mani

Una carezza appoggiata al tuo viso con una mano ruvida, di quelle mani abituate ad essere logorate da lavori pesanti e ingrati. Una carezza che sembra un tocco di carta vetrata. Non avevi mai provato una tenerezza così amorevole e allo stesso tempo tagliente. Senti la guancia avvampare, la tua pelle delicata chiazzarsi di rossore, ma non ci fai caso. Queste mani assomigliano alle persone che hanno condiviso ogni ruvidezza, ogni nodo e che portano sulle spalle dei pesi inaccettabili. Mani che hanno polsi poderosi. Mani che non si accorgono che una carezza sembra uno schiaffo, perché disabituate a dosare la forza. Ogni mano racconta la propria vita, senza girarle per leggere le linee, come fanno le zingare ai lati delle strade. Ognuna con un carico di ricordi lunghissimo, tanto quanto un treno merci che non finisci mai di contare i vagoni perché ti scordi sempre il numero. Mani possenti, che danno sicurezza e fanno tanto nido. Delicate, che restano nascoste dentro le tasche per non rovinarsi e che sanno di paura. Lunghe, come quelle dei pianisti, ostentate per la bellezza ma utili solo per il lavoro. Mani flaccide e quasi sempre sudate, che appartengono alle persone che irretiscono, bramose di cattiveria. Mani piccole e operose che danno tanta gioia nel vederle muoversi così velocemente. Le mani che si porgono per presentarsi, in una stretta che spesso non significa nulla, perché si è dimenticati il senso del 'piacere'.





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lunedì 20 agosto 2012

Disillusi

Apro le braccia in attesa di essere, finalmente, ghermita da te. I mesi che passano, i giorni che incalzano non mi fanno scordare la tua stretta nella quale ero viva. Ero tutto ciò che desideravo essere. E questo mio essere non avrebbe mai sopportato di non avere più un tuo abbraccio, una tua forte stretta. E dopo sono morta. Come muore chi non ha più speranza perché sa che non potrà avere la meglio. Sa di essere stata battuta da rivali insormontabili, invincibili. E ho abbassato la testa, senza più speranza, senza più respiro, senza destino. Chi non ha più un destino è solo ombra, un'ombra che si appiattisce contro i muri e si fa vento, un vento che lacrima. Nessun sentimento, nulla elargirà sollievo a questo vento impazzito dal dolore. Vento e polvere, inarrestabili pellegrini che vagano alla ricerca di calore. Disillusi vagano. Disillusi si insinuano nel mondo nell'inutile ricerca di un'altra vita, di un altro amore. Quanto coraggio li permea ancora? Fino a quando troveranno la forza di vagare e non arrestarsi a formare un piccolo vortice d'arie e poi sparire?





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Esserci

Non è essenza, neppure una stranezza, nulla di magico è come sentire un qualcosa di vivo, vivace, autonomo. Oggi ci sono, esisto. Non perché ieri non fossi, non esistessi, ma era come se attraversassi inanimatamente il tempo. Un ramo attecchito ad un albero, innestato a suo tempo e che oggi produce una fogliolina, misera, piccola, ma vitale. Sperimento tutto ciò che ho a disposizione, vicino a me e nel raggio di qualche metro, come fanno i curiosi, soprattutto i bambini. E con gli occhi di un imberbe filtro, avverto, concepisco. Gli occhi sono da virgulto ma la mente no, quella sa come concepire cio' che le sta intorno e incalzo me stessa, voglio conoscere. Voglio interrogarmi, imparare. Mi voglio mantenere in vita e proliferare. Un giorno solo, durante il quale, io non sia, è essenza spirituale gettata, sprecata. Incasso questo colpo e accuso tutto ciò che sto vedendo intorno, ma se fossi veramente pragmatica riesumerei da me stessa tutto ciò che non va. La noia, questo abisso infinito e mortale per la mente. La sofferenza che attanaglia lasciandoti senza fiato a boccheggiare un afflato d'aria. Il corpo che si modifica a suo piacimento e non ti lascia lo spazio di abituarti ad esso. L'insofferenza nel pensare di aver già visto tutto e di non poter più stupirsi. La tua vigliaccheria, che non ti fa cambiare di una virgola ciò che vorresti ma che, già di partenza, tacci come impossibile. Oggi so di esserci e ci sarò anche domani e dopo...




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sabato 18 agosto 2012

Non ha capito

E noi due, persi in una campagna sterminata. Ci siamo distratti ma non vogliamo far uso di mezzi sofisticati per ritrovar la strada. L'aria è umida ma leggermente fresca, me la godo, dopo un'estate afosa. Vedo un carretto, trainato da un cavallo, il mio stupore è massimo, non ne vedevo uno da tantissimi anni e mentre la macchina lo sorpassava continuavo a fissarlo, estasiata. Il conduttore del carretto ha alzato la mano, credo non ci volesse mandare in un bel posto. Ci mettiamo a ridere. Fisso un punto lontano, tutto intorno è vegetazione, alberi intrecciati, scomodi arbusti che sporgono sulla strada stridendo sulla carrozzeria della macchina. E campi, tanti campi a perdita d'occhio. Sono già stati tutti arati, ed ecco che tutto è pronto per un'altra stagione, per un'altra vita. Ho un moto di gelosia per questa meravigliosa natura, che vive tutte le stagioni, le intercambia di mese in mese. Dal freddo quasi polare al caldo torrido, muore e rinasce in pochissimo tempo. Mi rivolgo al mio compagno proseguendo il filo dei miei pensieri, a voce alta, ma non li capisce. Vorrei essere un fiore, i primi virgulti primaverili, poi la fioritura e l'inevitabile declino. L'inverno che protegge le radici e aspetta. E di nuovo lo scoppiettio della primavera. Il virgulto che si erge di nuovo a vita. Lo guardo, guardo il mio uomo e dico che siamo all'autunno della vita e ho paura che l'inverno non  mi protegga. Lui sorride, mi guarda con tenerezza e sussurra che mi proteggerà sempre da qualsiasi rigore dell'inverno, da qualsiasi temperatura estiva. Sorrido, non ha capito.





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mercoledì 15 agosto 2012

Saggezza

Ti racconti, ogni sera, seduta in giardino, mille avventure, quasi tutte vere, qualcuna, chissà. Sarà forse anche l'età. A più di ottanta anni, paghi ancora in lire e parli un dialetto, spesso incomprensibile. Ma lui, il compagno di una vita intera, lo ricordi bene. Non piangi, ma ti agiti quando lo rammenti e parli con lui nel vento. E lo chiami per nome. Gli racconti di stamattina che sei andata all'ospedale a farti le analisi. Chissà se lui ti risponde. Poi ti accorgi che stai parlando da sola e taci per qualche momento. Ti guardi intorno, fai spallucce e cambi discorso. Ora ci metti anche la mimica. Chissà se ti aiuta a ricordare meglio. E con l'indice disegni scenari immaginari. Sensazioni vissute, una lunga vita che ti si prospetta tutta davanti. E quando mi chiedi come io stia, io che ho la metà dei tuoi anni, ridacchi nel sentire che sono tutta uno scricchiolio. Te la ridi da sola. Affermi che, chi non ha visto la guerra, è dolorante dalla nascita. E quando ho un colpo di tosse, mi apostrofi con un 'fuma'. Fuma e stai abbassata su quel trabiccolo che avete sempre in mano. Ci fate l'amore con quelle robe infernali. I così, lì, quelli che si premono i tasti. Ascolto la tua saggezza, da un cortile all'altro.




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A due mani

Il sonno mi si sta portando via, ma ogni sera è una lotta estenuante per non abbandonarmi ad una momentanea morte. Questa è l'ora del mosaico, incompleto, che compone la mia vita. Lo guardo, sistemo qualche pezzettino o lo vorrei, ma non combacia. A volte ne vorrei fare un sacchetto e buttare tutto, ma poi riflettendo bene, ho speso tanta fatica a sistemare quei riquadri. Quando finalmente ne trovo due che si incuneano perfettamente tra di loro, corro a cercare la colla ma, non la trovo mai. Così, la stragrande maggioranza dei pezzi, dei pezzi della mia vita, restano approssimativi. Combaciano ma non sono stabili come vorrei. Alcuni sono stata costretta ad inchiodarli per il terrore che si mescolassero assieme in un calderone che mi sarebbe insopportabile. Poi sorrido, pensando a quanto sono brava a finire i puzzle delle vite di altri. Quasi una maestra. Le mie mani si muovono da sole come se qualche intrigo le rendesse così svelte, così precise. Ma domani, troverò. ..E tu?
Mi sono svegliato adesso. Più di nove ore di sonno filato. Non mi ricordo l'ultima volta che mi era capitato. Avevo bisogno di riposo. Dopo tutto quello che è successo negli ultimi giorni. La mia vita è un puzzle senza molti pezzi. Lo è sempre stato, temo, anche quando sembrava che ci fossero tutti. Era un'illusione che mi raccontavo. Una favola per farmi star buono. Era la messinscena di una famiglia normale dove io recitavo, e alcune volte anche male. Lei è molto brava con le vite degli altri. E' sempre più facile che con la propria, è vero. Ma Lei ha un talento del tutto particolare. Fatto di energia, di esperienza, di ricchezza interiore e di generosità.
(A due mani).





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Mi sento un re

Oggi mi sento un re. Finalmente ho capito qualcosa in più. Mi do agli amici e qualcuno lo perdono. Magari anche Matteo che mi ha soffiato la ragazza e poi s'è pure sposato. E' difficile ma voglio promettere di non litigare più con Maria. Politicamente agli antipodi, noi due, e non aspettiamo altro che una parola dell'uno o dell'altra per iniziare una lotta furibonda. Le lodi alle nostre ragioni. Ma chi ha ragione? Oggi prendo il telefono e faccio gli auguri a tutti i parenti, amici, conoscenti. Non l'ho mai fatto prima, si sorprenderanno, ma non importa. Forse oggi ascolterò chi mi parla, darò peso alle parole che sentirò, perché si vive anche di questo. Comincerò un libro e lo porterò a fine senza fare nessuna critica, da tempo non leggo un libro fino all'ultima pagina. Sono molto selettivo, ma voglio abbandonare questo stato di finta superiorità. Oggi farò valere le mie ragioni e a chi mi attaccherà risponderò garbatamente senza insultarlo. Stento a crederci ma mi sembra un'ottima strada la mia. Proverò pietà e mi scandalizzerò. Riderò, sì riderò. Perché oggi mi sento un re, e un re può tutto.





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lunedì 13 agosto 2012

Ti ho dipinto

Ti ho dipinto. Non ho usato molti colori, alcuni ho lasciato che si mescolassero. Sono partita dal viso, una pennellata sale e pepe per i capelli, un turchese per gli occhi, la tinta della sabbia per il viso. Che bel musetto. Non ho colorato tutto uniformemente, mi piace vedere, qua e là, degli sprazzi di bianco, il colore della tela, il colore dell'incompiuto. Il collo, il corpo. Ho scurito il corpo un po' di più perché lo volevo dimostare vivo, reattivo. Volevo posizionare sul petto un cuore, come quello che fanno i bambini, ma sul tuo ritratto non ci sarebbe stato bene, tu di cuore ne hai poco. Sì, lo hai, ma serve per pompare sangue al cervello che lo comanda a bacchetta. Quindi non avrebbe avuto senso, perché avrei dovuto colorare anche il cervello. Ma il mio non è un quadro a più dimensioni. Vado a braccio, a memoria. Il tuo corpo è una figura normale, un po' sghemba, un po' bambinesca. Non ho lasciato il tuo corpo nudo, gli ho dipinto sopra i colori della terra, il marrone, il verde. Non usi mai i colori del cielo e del mare che tanto ami. Quelli li ho dipinti sullo sfondo. Un mare al tramonto, ancora con sfumature colorate dagli angeli. Tu, in primo piano, ti confondi con il tramonto della tua vita, alla quale sei destinato ancor prima di quello che sogni. Si invecchia a forza di dar retta solo alla mente e mai al cuore. Si invecchia troppo senza giocare o senza amare. Amare senza accontentarsi. E il tramonto lascia spazio alla notte, alla lunga notte dei tuoi pensieri.





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Meravigliosa

Ciao Sabrina, Claudio. Un brivido lungo la schiena, di quelli che si sentono una volta sola nella vita. Allora non lo sapeva cos'era. Si dice che un brivido che ti si insinua sotto pelle significa che la morte ti è passata vicina. Sciocchezze. 'Ho bisogno di parlarti, ma non so come fare, sai gli impegni, il lavoro...' Uno scossone più forte rapì Sabrina, le fece scendere una lacrima, pulita nervosamente dalla mano. 'Dimmi' rispose con un filo di voce, lei che aveva già capito tutto, ma che in fondo al cuore aveva una briciola di speranza, anche se la voce di lui era ferma e decisa. 'Sai la nostra storia è appena all'inizio, tu sei una donna meravigliosa, ma io non sono ancora pronto'. Disse tutta la frase come fosse una parola sola. 'Lo avevo intuito, sai? Ad una donna non ci vuole molto per capire certe cose'. Replicò Sabrina, con la voce che non aveva nessuna caratteristica. 'Intuisco che sei sempre comprensiva, tu capisci le cose prima ancora che succedano, sei una donna meravigliosa'. Lei non aveva fiato, gli si era strozzato in gola. Rispose annuendo, e biascicò solo un flebile 'addio'. Spense il telefono. Cancellò il numero. L'ultimo suo pensiero prima di addormentarsi fu sul suo essere così meravigliosa. 'Sono meravigliosa'.
'Sono talmente meravigliosa da essere abbandonata tramite telefono' e si mise a ridere, 'so di gente che non si fa più trovare, si nega, non dice nemmeno uno sgangherato addio'. 'Miserabili, ma io sono meravigliosa'...




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Mai un trasloco

Quante cose inutili hai accumulato nella vita, una testa piena zeppa di cianfrusaglie, ciarpame inutilizzabile e mai un trasloco. Quanti pensieri vecchi e rimbombanti che riaffiorano sempre e non sai che fartene, non ti aiutano ad andare avanti, anzi ti portano sempre indietro, verso il declino. Se ti decidessi di spazzar via tutto ciò che non serve e tener ben pulito e ordinato, sistemare tutte le idee e i pensieri. Le incontri anche per strada le teste disorganizzate, le vedi, occhi spenti e sguardo all'insù, ottenebrate da anni di confusione, sbattono uno contro l'altra come le falene di notte alla ricerca della luce. Teste inanimate che corrono e viaggiano compiono le stesse azioni giorno dopo giorno, anno dopo anno. Annegano nella consuetudine, nell'abitudine. Di fermarsi non ci pensano proprio, nell'infinita convinzione di essere nel giusto, classica forma mentis di chi non vede più in là del suo naso. Eccole, le vedi in ogni ambito lavorativo, in ogni luogo preposto al divertimento, tutte gerarchicamente suddivise dagli anni di accumulo. No, non notano le teste sgombre da pregiudizi, da limitatezze e fissazioni. O se le notano se ne tengono ben lontane, ne hanno paura, non sanno dove possa essere il limite della loro influenza. E loro, le teste sgombre, palesano la loro disapprovazione.




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sabato 11 agosto 2012

Un sorriso

Stringi i denti e pensi che domani sarà un altro giorno. Un giorno che farai scorrere diverso perché non vuoi sempre essere abbacchiata e smorta. E' ora di finirla con questa storia, tutti i giorni all'insegna della pacatezza e dell'abbassare la testa alla mente che comanda un corpo che si vorrebbe esprimere. Si vorrebbe lasciare andare, vorrebbe correre e divertirsi, insomma vorrebbe vivere. Vivere come tutte le persone che conosci, come le persone che vedi solo passare, come il barista che ti sta facendo il cappuccino. Non lo conosci ma ti sorride, un sorriso tirato, un sorriso forzato perché al lavoro deve sorridere. E tu gli rispondi con lo stesso sorriso e rimurgini tra di te che forse sta facendo tutti gli stessi tuoi ragionamenti. Anche lui con un corpo che non vive, lavora, va, ma perché è costretto dalla vita. Paghi te ne vai e ti giri. Le persone ai tavolini ridono, parlano, si sussurrano nelle orecchie, si alzano in piedi, chi ordina. Tu a testa bassa te ne vai, un ultimo pensiero al cameriere, ti giri, anche lui ti sta guardando, serio. Te ne vai, ancora più mogia, chiami un taxi e non sorridi all'autista, perché hai paura del suo di sorriso.





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giovedì 9 agosto 2012

La mia mano stretta alla tua

La mia Boxter e lui. Ho tutto. Capelli al vento e sole, tanto sole sulle nostre canzoni che sapevamo un pezzo io e un pezzo lui. Cantiamo e stoniamo e ci divertiamo come due adolescenti sapendo però, che non arriveremo mai ai confini del mondo. Tutti spettinati non riusciamo a fermare le risate e corriamo, forte. Ci accendiamo una sigaretta che non riusciamo a fumare perché il vento ce la risucchia tutta. Che spreco! E ridiamo del vento che fuma per noi. E proviamo l'ebbrezza della velocità, che martella sulle tempie. Il piede schiacciato sull'acceleratore. E' vita, è adrenalina, è una curva improvvisa. E non siamo più, non rideremo più in questo mondo, ma la mia mano è stretta alla tua.






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mercoledì 8 agosto 2012

Sognami

Sognami qualche volta, se puoi, se vuoi. Se allungando la mano, accanto a te non c'è nessuno, sognami. Se qualche volta, dormendo, ti capiterà di rivedere il mio viso, pensa a quanto è stato bello avermi accanto. Alla tua fortuna, alla mia fortuna. Svegliarsi ed essere entrambi desiderosi di sensi e di una piccolissima parte di felicità, che spetta a tutti. Anche a noi. Sognami quando sarai disperato e non saprai a chi rivolgerti, perché tu ti strappi i capelli e non vuoi che nessuno capisca il tuo essere infinitamente solo. Sorridi al mio pensiero, ai momenti di spensieratezza fatta di giochi, cose da bambini che sono rimbalzate in corpi di adulti. Ed ho provato gioia, accanto a te. E chiudevo il mondo fuori, perché dentro c'era tutto il mio mondo, tutto quello a cui potevo ambire. E ho creduto a tutto quello che mi hai detto, ci ho creduto sempre, anch'io ho sognato, solo ora lo so. Pur in questo tedio che mi corrode, ti sogno. Come potrei farne a meno. Siamo stati complici delle nostre sofferenze, siamo stati più di quello che chiunque può aspirare. Ci siamo capiti e rispettati fino a che tu non hai deciso che era ora di camminare senza di me.








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lunedì 6 agosto 2012

Nessuno accorse

Certo, era nata per amare. Un corpo bellissimo e un invidiabile carisma. Gli uomini si giravano a guardarla e non distoglievano lo sguardo finché lei non fosse scomparsa dalla vista. Una ragazza abituata a tutto come possono esserlo solo le persone ammirate e osannate per bellezza e intelligenza. Lei lo sapeva ma non se ne approfittava dell'ammirazione delle persone. E si fidava, perché tutti avevano sempre parole belle per lei. Lei si fidava come può fidarsi una ragazza che del mondo non aveva visto ancora nulla, anche se credeva di conoscerlo bene e anche se credeva di conoscere le persone. Studiava, voleva diventare avvocato, glielo avevano consigliato in molti. E la sera usciva con le amiche a divertirsi, andavano a ballare, andavano a suonare in riva al fiume. Si raccontavano dei primi virgulti dell'amore che, sognavano, sarebbe nato di lì a poco. Chissà se si era fidata troppo ad uscire con un ragazzo più grande di lei. Perché in quel bar c'era anche l'hotel? E il bagno era proprio in una delle prime stanze dell'hotel. Chissà se il suo bel viso era diventato una maschera di orrore quando fu violentata. E nessuno accorse alle sue grida.




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Il circo

Ogni giorno un circo inizia uno spettacolo. E tu, giocoliere, dove sarai nel mondo bizzarro e incantatore? Ti allenerai con i tuoi strumenti, a farli volare in alto, come volano in alto i pensieri di chi ti guarda e ammira. L'illusionista ha giochi per tutti. Come sono queste magie che incantano e non fanno distogliere lo sguardo. E tu ne approfitti per ingannare. Audace fantasista, moltiplicherai le finzioni per un pubblico distratto che si aspetta la tua recita. Ti guarda, applaude e se ne torna a casa incantato.
Per strada pensa solo alla bellezza della magia che li ha distolti da cattivi e incombenti pensieri, quelli di tutti i giorni, quelli che nascono quando non c'è un circo che inizia il suo spettacolo.








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domenica 5 agosto 2012

Un boccone di anima

Regalami un boccone della tua anima, una manciata, un lancio di coriandoli.
Ne farei un uso esemplare, per te. Celerei tutto dentro la mia mano, la sinistra, perché si sa che la destra si usa spesso. Chiusa a pugno non l'aprirei mai, per non farti scappare. Ti legherei a me come facevano le streghe con riti e pozioni magiche. Ma io non li conosco e non so se esiste la polvere di drago.
Oserei persino venire sotto casa tua e disperandomi, al citofono, dirti che ho dipinto un quadro per te e ho usato tutti i colori del mare, il nero e rosso dei tramonti, l'azzurro del cielo limpido e del mare in bonaccia, il giallo intenso del sole. Con il pugno che stringe quel poco che ho di te, avrei il coraggio di dirti che 'lei' non potrà mai darti più di me, 'lei' non sa conoscerti, 'lei' non sono io.
'Lei' non c'era quando io ti ho abbracciato l'anima. Ma tu mi hai gettato via come niente fosse.
Senza una parola ti sei detto basta, da solo e io non ho mai saputo perché. O forse sì.
Le mie parole non ti raggiungeranno mai, ma mi piacerebbe vederti, intrepido, mentre urli sprezzante, di tutto e di tutti, la tua arte, il tuo saper essere meraviglioso agli occhi altrui.
Ho solo un boccone di anima, che ti ho strappato da sola, senza che tu te ne accorgessi.






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venerdì 3 agosto 2012

Amica mia

Cara, scanzonata, sorridente amica. Tu c'eri, c'eri sempre, come ci sono le persone a cui importa degli altri. Tu che di tutte le canzoni che cantavi a squarciagola, non conoscevi una parola. E andavi di ritornelli inventati che ci facevano ridere a crepapelle. 'I feel love, love, love'. E dopo un po' non riuscivi più a cantare e ridevi come una pazza anche tu. Me la ricordo ancora la tua risata cristallina, il tuo modo di incedere goffo e più non sapevi camminare sui tacchi e più li ostentavi, paperella. Quante discoteche, quanti sogni, quanti lievi amori. Tutte cose che sapevamo perché non nascondevi nulla, eri un fiume in piena, prorompente come un ruscello d'alta montagna. Poi hai conosciuto lui e con lui il suo mondo, così diverso dal nostro da trasformarti in un'altra persona. Ti ha ucciso prima lui dello scarico del gas della macchina. Ti ha trascinato in un pozzo senza fine, senza appigli. E il tuo bel viso cominciava ad avere i segni di una fine vicina. I ceffoni che ti abbiamo dato per strapparti dalle sue mani, non sono serviti. Ma per noi c'erano ancora i tuoi indimenticabili sorrisi. Ce li dedicavi sempre. Ce li hai dedicati anche quella sera che ci siamo incontrate. Noi andavamo a vedere le vetrine, come si faceva alla nostra età e ci contavamo i soldi in tasca per comprarci qualcosa. Ma non bastavano mai. Tu, paperella, sei andata a nasconderti in campagna, al buio, sola. Ti sei chiusa dentro la macchina, ci hanno detto che non hai sofferto. Lo stereo a tutto volume intonava 'I feel love, love, love'.



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giovedì 2 agosto 2012

Ho deciso per te

Non ho permesso che tu lottassi. Ti ho tenuto all'oscuro di quella cosa che ti avrebbe portato via da me. Ho sbagliato come fanno i vigliacchi, che credono di avere più paura di chi deve morire. Una paura folle, che mi ha tenuto, ancora ragazzina, incollata ad una porta ad ascoltare il mio destino. Vigliacca ed egocentrica. Se tu andavi via, io non avevo più nessuno da abbracciare, da amare. Sono rimasta ammutolita per ore ma non avevo pensieri, come nei momenti che lo sconforto ti annebbia il cervello e non ti permette di riflettere. Avevi il diritto di lottare. Come lotta chi sa che se non imbraccia la vita, sarà destinato a sopperire. Ho deciso io per te e sono morta ogni giorno, e ogni giorno ti ho mentito, e ogni giorno ti ho detto che domani starai meglio, perché il tempo guarisce tutte le ferite. E ogni giorno tu morivi un pochino di più ma io non volevo vedere, no, non lo volevo. Ti ho lasciato tranquilla, cercavo solo il meglio per te e non mi accorgevo che te ne andavi lentamente come fanno i fili di fumo quando incontrano una finestra aperta. Eri un rivolo d'acqua che si stava prosciugando al sole e più io mi sforzavo di arginare, con mille menzogne e falsità, più rovinava l'alveo della tua vita, più tu eri cerea e sfiancata. Ho falsato anche gli ultimi istanti, quando tu, allo stremo della vita te ne andavi. E io ruggivo di rabbia.



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Eterna

Sai, mi sento come un minatore. Mi manca l'ossigeno, non ho spazio per muovermi. Sono incollata alle pareti e giro sempre in tondo. Ma non è il girotondo che facevo da bambina, quando il sole era talmente accecante che dovevo tenere un occhio chiuso. E' il patimento di chi non può che rimanere lì, e a picconate si deve fare spazio. Come una falena attratta dalla luce va a morire su di essa. Così anch'io vado inesorabilmente verso la luce, o almeno ci provo. Sai, la luce non è facile da trovare. Io non ho ali, ormai ho anche pochi passi. E gli ultimi che mi rimangono li tengo ben stretti perché fa paura non avere modo di muoversi. Sai, ci sono passata tante volte in questo stato di cose e ogni volta finivo dentro questo cerchio. E ruoto, continuo a ruotare dentro di esso, ma si sa, i cerchi sono chiusi. Sai, alla fine mi siedo, un po' spostata dal centro, così, per superstizione, e lì rimango, eterna.



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mercoledì 1 agosto 2012

Un aquilone

Aveva scoperto che gli aquiloni non volavano se non c'era vento. E nel luogo in cui viveva, di vento, ne soffiava ben poco. Lei non demordeva, come non demorde una bambina che sogna di salire sul suo aquilone e vedere il mondo dall'alto. Vedere le persone piccole come le formiche e pensare che, se avesse voluto, le avrebbe potute schiacciare tutte. Gli uomini sono cattivi, non tutti, certo, ma lei non poteva saperlo. Sapeva solo che erano cattivi. Ogni giorno costruiva un aquilone ed era sempre più bello del precedente. Si chiedeva, dopo averlo riposto, quando sarebbe arrivato un vento forte che facesse tremare le imposte come succedeva d'estate nella casa in montagna. E fu quel momento che attese. Prese l'aquilone, il più bello, l'ultimo che aveva costruito e attese il vento. E dopo poco, si mise a volare.



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Parlava di emozioni


Parlava di emozioni, lui. Lui scriveva di cuore, di anima, di amore. Ma era un lavoro, conosceva i termini più adatti ma non li provava i sentimenti. Era lavoro. Un lavoro sapientemente elaborato, come tutti quei lavori che mediti da tempo, che avevi riposto in un cassetto, ma non erano sogni, piuttosto il riscatto da un anonimato che macerava. Regalava al suo pubblico, quello che il suo pubblico voleva leggere, in punta di penna inventava storie malinconiche e struggenti. Il pubblico, pronto a leggere e ad emozionarsi. Come può essere il ritrovarsi nell'estasi sconfinata di un tripudio di paure, disillusioni ed ansie. Lui era di mestiere, ma nessuno se n'accorse. Penna in mano e tanto mestiere.


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