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venerdì 26 ottobre 2012

Ero zuppa di pioggia.

Mi era passato l'appetito. Avevo caldo, in una strana serata d'autunno inoltrato, ma non ci facevo caso, altri pensieri tormentavano la mia pelle e con essa il mio corpo intero. Avevo una sorta di affanno, come quello che si prova dopo uno spavento improvviso, come il rivederti di colpo, in una serata da lupi. Mi aveva fatto sobbalzare. Eri mesto, avevi suonato alla porta ma non era uno scampanellio, solo un flebile lamento. E afflitto ti addentravi nella stanza semi buia, il mio colore preferito nelle serate d'autunno, dove tutto impigrisce, anche la pioggia che scende e bagna la vita di chiunque, fin dalle fondamenta. Anch'io ero zuppa di pioggia, quella sera, una pioggia incessante che mette i ricordi in fila indiana, uno avanti all'altro e tu non puoi che passarli in rassegna, ti appartengono e non li puoi condividere con nessuno. Non vuoi condividerli con nessuno, ne sei troppo gelosa. Cosa volevi in una serata così, dove chiunque vuole restare solo con le proprie giornate trascorse, a rammentare gli spazi che ha lasciato il passato, impossibili da riempire. Come un vaso vuoto, inutilizzato che porti con te e nel quale ogni giorni metti un po' di quello che vorresti dire e invece taci, cose che vorresti scrivere, ma non hai la penna, urla che vorresti sprigionare ma non ne hai il coraggio. E insieme a tutte queste cose, rimangono molti spazi vuoti, che non si incastreranno con niente, se non lo vorrai. Sei ancora giovane tu. La vita ti ha provato meno di tanti altri. Ma che ci fai qui? Non vedi che ho il mio bel da fare a risistemare un po' di cose scombinate, è un'attività importante e difficile. Poi non sempre riesce. Ti guardo ma non sorrido, ho un'espressione di rimprovero anche se sono anni che non ti vedo, sono disinteressata. Te ne rendi conto e accenni a parlare ma io, prontamente, ti zittisco. Taci, non mi distogliere da questo momento che impegna molte mie forze e sono già provata. Entra, se ti va e siediti, ma non parlare. Senti come piove e il mio corpo è zuppo di pioggia, è fradicio di acqua stagnante che mi entra nelle ossa. Non sono impermeabile io, non lo sono mai stata. Tutto entra e niente esce più. Sono diventata anch'io un contenitore, come quel vaso pieno di tutta una vita. Questa sera ho preso uno spazio, uno di quelli importanti. Voglio metterci il cuore per capire i miei ricordi. Forse ci sei anche tu, mescolato qui dentro e non voglio che ti ci ritrovi. Io e te non abbiamo più nulla da condividere e ti indico la porta dalla quale sei entrato. Vattene ora, ti ho dato più di quello che meritavi. Lasciami sola, lasciami zuppa di pioggia.

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